sabato 15 dicembre 2018

Domenica dei Santi Progenitori

Δέξασθε χαρὰν οἱ πάλαι Προπάτορες,
Βλέποντες ἐγγίζοντα Xριστὸν Μεσσίαν.
Γήθει Ἀβραάμ, ὅτι Πρόπαππος Χριστοῦ ἐδείχθης.

Gioite, o antichi Progenitori,
vedendo che Cristo Messia è vicino.
Gioisci o Abramo, perché fosti antenato di Cristo.
(Trimetri giambici della Domenica dei Santi Padri, dal Menologio)


La domenica che cade dall'11 al 17 dicembre, corrispondente alla terza domenica dell'Avvento romano (la ben nota domenica Gaudete), cioè la penultima domenica prima del Natale di Nostro Signore, la tradizione bizantina celebra la domenica dei Santi Progenitori, in onore di tutti gli antenati secondo la carne del Nostro Salvatore.

Tale memoria si ritrova nei calendari costantinopolitani sin dai primi secoli: i santi Padri, illuminati dallo Spirito Santo e dalla loro scienza pastorale, hanno deciso di celebrare in questa data la memoria del patriarca Abramo, spiritualmente il padre di tutti i credenti, colui nel quale "tutte le generazioni sono state benedette", e della sua discendenza.
La liturgia odierna, ai consueti tropari domenicali (gioverà qui ricordare che la tradizione orientale non conosce l'Avvento come tempo liturgico definito, ma solo come pratica ascetica di digiuno, e pertanto nelle settimane precedenti il Natale si continua e termina ordinariamente la celebrazione delle "domeniche di S. Luca"), si aggiungono numerosi testi tratti delle feste individuali dei maggiori dei Progenitori di Cristo, e cioè Adamo, Abramo, Sara, Isacco, Giacobbe, il profeta Elia e il profeta Daniele (commemorato sempre insieme ai Tre Fanciulli Sadrac, Mesac e Abdenego), il profeta Zaccaria, i santi e giusti Gioacchino e Anna, il santo glorioso profeta e Precursore del Signore, Giovanni Battista, e soprattutto la Madre di Dio, che in quanto genitrice del Signore nella carne non può che essere magnificata ed esaltata sopra tutte le creature umane. Naturalmente, come in tutti i giorni del mese di dicembre, si aggiungono anche dei tropari, e particolarmente il Kontakion Theotokìon propri della Natività del Signore, in lunga preparazione alla solennissima festa.

Alla Divina Liturgia si cantano delle letture proprie, volte a esortare i Cristiani all'imitazione spirituale del Nostro Redentore quand'ormai mancano pochi giorni a celebrare il primo passo della sua gloriosa e inenarrabile kènosis, ovverosia la mirabile assunzione della nostra natura in unione ipostatica con quella divina. L'Apostolo è tratto dalla lettera ai Colossesi di San Paolo, nella quale il Dottore delle Genti invita i fedeli in Cristo a deporre le opere della carne, i vizi e le concupiscenze dell'umanità caduta e irredenta, poiché siamo stati redenti e liberati da Gesù Cristo, per vivere secondo lo spirito: e pertanto ci è comandato di spogliarci dell’uomo vecchio e del suo modo di agire e rivestirci del nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, a immagine del suo Creatore.
Il Vangelo è tratto invece da S. Luca 14,16-24, ossia la parabola del banchetto. I Padri della Chiesa videro in questo racconto l'immagine della vocazione dei Cristiani ad essere il popolo di Dio: gli invitati al Banchetto del Re, cioè a godere del Regno di Dio, sono i Giudei, il popolo dell'Antica Alleanza, per i quali Gesù Cristo (raffigurato dal servo nella parabola) è venuto nel mondo a offrire la Salvezza (cfr. Mt 15,24), i quali hanno però rifiutato e addirittura messo a morte il Redentore; allora il Re, Dio Padre, ha ordinato di chiamare le genti nelle piazze, nelle vie, ai crocicchi delle strade e presso le siepi, cioè i Gentili, cioè anche noi, che siamo diventati il suo nuovo popolo eletto, il popolo della Nuova Alleanza, spiritualmente uni e indistinti in Cristo e nel Battesimo che abbiamo ricevuto (cfr. Col 3,11). La pericope evangelica si chiude con un versetto tratto dalla medesima parabola, nella però più estesa narrazione del sinottico S. Matteo, la famosa sententia: Πολλοὶ γάρ εἰσι κλητοί, ὀλίγοι δὲ εκλεκτοί (molti sono infatti i chiamati, pochi invero gli eletti). In questa domenica in cui commemoriamo i più eminenti eletti tra coloro che furono antenati secondo la carne del Nostro Divin Redentore, tutti noi Cristiani siamo chiamati ad esercitare le virtù cristiane, la carità, a imitare il Salvatore per confermare la chiamata che abbiamo ricevuto, per divenire noi pure eletti e giungere al gaudio perfetto del Regno dei Cieli.

Nato nella terra dei Caldei idolatri, il patriarca Abramo non esitò un'istante a lasciare il suo paese, la sua casa, la sua famiglia e i suoi beni, all'appello di Dio, per andare verso la terra di Canaan che il Signore gli dava in eredità, promettendogli una gloriosa posterità e un'alleanza eterna. Il frutto di questo atto di fede fu Isacco, che Dio gli accordò nella sua vecchiaia. Poi da Isacco nacque Giacobbe e da Giacobbe uscirono i dodici Patriarchi, Padri delle dodici tribù di Israele. E fu finalmente dalla tribù di Giuda che, conformemente alle Scritture, doveva nascere il Cristo, il compimento delle promesse, la pienezza dell'alleanza e dell'unione tra Dio e gli uomini. Attraverso l'intermediazione dei santi Antenati e Patriarchi, il nostro Signore Gesù Cristo è dunque anch'egli il frutto della fede di Abramo. Perciò, quando dentro ognuno di noi, Dio fa sentire la sua voce, mentre siamo ancora nella terra straniera delle passioni e delle vanità di questo mondo, bisogna come Abramo, abbandonare senza esitazione ciò che è nostro e seguire con fede l'appello divino fino alla Terra promessa, dove potremo a nostra volta dare nascita, in maniera spirituale, al Cristo. Perché piantato in noi dalla fede e dal Battesimo, Egli deve crescere e svilupparsi attraverso le sante virtù, per risplendere nella luce della contemplazione.

Divenuti "Figli di Dio" attraverso il dono del Santo Spirito, noi dobbiamo dunque vedere il Cristo formarsi in noi discendenti di Abramo: "Tutti in effetti, siete figli di Dio attraverso la fede in Cristo Gesù, poiché voi siete stati immersi in Cristo, avete rivestito il Cristo (...). Voi tutti, in effetti, siete uno nel Cristo Gesù. Ma se appartenete al Cristo, siete dunque discendenti di Abramo, eredi della promessa" (Galati 3,26-29). Diveniamo dunque a nostra volta antenati di Cristo perseverando nella fede, per celebrare la sua Natività dicendo: "Non sono più io che vivo, è il Cristo che vive in me!"(Gal. 2,20).

Ἐν πίστει τοὺς Προπάτορας ἐδικαίωσας,
τὴν ἐξ Ἐθνῶν δι’ αὐτῶν προμνηστευσάμενος Ἐκκλησίαν.
Καυχῶνται ἐν δόξῃ οἱ Ἅγιοι, τι ἐκ σπέρματος αὐτῶν,
ὑπάρχει καρπός εὐκλεής, ἡ ἀσπόρως τεκοῦσά σε.
Ταῖς αὐτῶν ἱκεσίαις, Χριστὲ ὁ Θεός, σῶσον τὰς ψυχὰς ἡμῶν.

Hai giustificato nella fede i Progenitori,
attirando a te dalle Genti, per mezzo loro, la Chiesa.
Hanno vanto nella gloria i Santi, imperocché dal loro seme
procede un frutto insigne, colei che senza seme ti ha partorito.
Per le loro preghiere, o Cristo Dio, salva le nostre anime.

(Apolytikio della Domenica dei Progenitori)

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