giovedì 17 gennaio 2019

Cristianesimo e coerenza

San Silvano l'Atonita (1866-1938),
un esempio mirabile e ideale
del Cristiano veramente coerente.
Un lettore mi ha richiestoqualche giorno fa di scrivere un commento a un articolo apparso su Il Giornale (QUI), nel quale l'ateo e liberale dichiarato Massimiliano Parente commenta le parole pronunziate da Bergoglio il 1° gennaio, contenenti un duro attacco all'ipocrisia e all'incoerenza di molti Cristiani. Come del resto dalla quasi totalità degli opinionisti giornalistici e televisivi, le parole pontificie sono state interpretate dal giornalista come un riferimento a quanti Cristiani sostengono le politiche di un certo partito oggi al governo in Italia, e del suo segretario nonché ministro. Orbene, pur io personalmente non avendo a che fare con quel partito e con quel politico, sono convinto che sia indispensabile smentire le falsità che siffatti opinionisti diffondono, col tacito appoggio di certe gerarchie ecclesiastiche, in quanto costoro mistificano il significato e l'essenza stessa del Cristianesimo, facendo apparire le loro posizioni politiche come il cuore di tutto il Vangelo e la Religione, quando non è assolutamente così, e anzi in tal modo si prelude alla dissipazione totale della Religione!

Ritengo pertanto assai utile pubblicare qui le riflessioni che ho fatto avere al mio lettore.

L'articolo in questione, come molti altri apparsi sui quotidiani nazionali più o meno schierati, fornisce uno spunto sicuramente interessante sotto alcuni punti. Direi che possiamo enucleare (e commentare) tre tematiche fondamentali dell'articolo, come del resto del discorso del Papa: se sia meglio essere atei piuttosto che ipocriti; se effettivamente i Cristiani manchino di coerenza; in cosa consista detta coerenza.

1. Se sia meglio essere atei piuttosto che ipocriti.

La risposta a questo quesito è molto semplice, ed è NO.

E non è certo necessario andare a scartabellare volumi di teologia per giungere a questa semplice conclusione: una volta liberatici dal pregiudizio inclusivista conciliare "siamo tutti figli di Dio" (il quale altro non è che la trasposizione "clericale" del principio social-rivoluzionario "siamo tutti uguali"), non possiamo non riconoscere con tutti i Padri che l'essere figli di Dio è una qualifica che viene data attraverso il Battesimo, e dunque solo i Cristiani sono figli di Dio. Infatti, l'unico figlio di Dio è Gesù Cristo; noi diventiamo figli di Dio per adozione in Gesù Cristo, tramite la grazia deificante, che riceviamo per la prima volta nel Battesimo. Senza grazia deificante, cioè senza quella grazia che ci permette di mirare a essere simili in tutto a Nostro Signore nonostante la condizione corrotta dal peccato originale, non si è figli, ma semplicemente creature di Dio, in modo non dissimile da un animale o da un sasso. I pagani, come dice San Paolo, inexcusabiles sunt (Rm 1,21), perché, per quante opere buone possano fare, non adempiono allo scopo principale per cui la Bontà del Creatore ci ha creati, ovverosia per glorificarlo e lodarlo. L' "ateo buono" (così come il musulmano o il protestante buono) non si salverà certo perché ateo; tutt'al più, in virtù delle buone opere compiute, la misericordia di Dio manderà un Angelo o un altro suo "emissario" che lo convertirà (e gli farà conseguire almeno un Battesimo di desiderio) prima della morte, dimodoché questi pur si salverà, ma non in modo immediato, sibbene mediato, ossia attraverso il Battesimo e la fede in Cristo, ch'è la condizione necessaria e inderogabile alla nostra salvezza (così S. Tommaso d'Aquino).


2. Se effettivamente i Cristiani manchino di coerenza.

La risposta è chiaramente SI', e questa è secondo me la parte più importante del discorso.

La quasi totalità dei Cristiani non vive in maniera coerente con il Vangelo e con la legge divina; laddove questa coerenza non implica unicamente l'osservanza dei precetti negativi (non uccidere, non rubare, non commettere atti impuri etc.), ma pure di quelli positivi (vide infra). La condizione decaduta dell'uomo comporta necessariamente una tendenza al peccato attuale, e -anche senza impiegare l'agostiniano "non è possibile non peccare"- è in un certo senso "comprensibile" che chiunque pecchi, e per tal motivo Iddio istituì il Sacramento della penitenza; tuttavia, a meno di non scadere nel calvinismo (che con la dottrina della grazia irresistibile sostiene che la possibilità per l'uomo di peccare o non peccare, e di conseguenza di salvarsi, sia da deputare unicamente alla grazia e alla prescienza di Dio, che l'uomo non può in alcun modo modificare), nel Cristianesimo autentico sappiamo che l'uomo è tenuto a cooperare, ad agire in sinergia con la grazia, cioè a favorire con le opere e con la propria vita l'azione della grazia, in modo da giungere veramente alla santificazione e ancor più alla deificazione, cioè a essere simile a Nostro Signore. Per mia personale esperienza, tuttavia, confermo che ben pochi Cristiani sono coerenti sotto questo aspetto, e non lo sono nemmeno molti tradizionalisti, che si beano di vivere una vita di battaglia, alimentata sovente dal sospetto, dall'odio e dalla maldicenza, nella difesa ideologica di un modello ecclesiastico che spesso non è nemmeno quello autentico del Cristianesimo antico, ma semplicemente quello post-tridentino o peggio del XX secolo, inconsapevoli o forse sprezzanti del fatto che vivere intrinsecamente il Cristianesimo è molto più di questo (denuo vide infra). Del resto, ho già avuto modo di notare e far notare che la coerenza non è virtù del tradizionalista, parlando di chi segue pedissequamente [o quasi] le rubriche del '62...

3.  In cosa consista la sopraddetta coerenza
(cioè, quali sono i precetti positivi che il Cristiano deve osservare)


Il ragionamento modernista-laicista cade però completamente quando andiamo a toccare questo punto, ovverosia quali aspetti, quali precetti positivi il Cristiano sia tenuto a osservare per potersi coerentemente dir degno di questo nome. Il problema fondamentale è che questi non hanno capito cosa sia il Cristianesimo, che è prevalentemente una religione soprannaturale, e non una religione naturale!
Come tale, il Cristianesimo riguarda principalmente gli aspetti spirituali dell'uomo, la sua condizione interiore, e la sua eternità; solo secondariamente (e per discendenza dagli aspetti primari) riguarda la questione sociale.

Quando un laicista qualsiasi (mi è capitato più volte di sentirli pontificare nei talk-show televisivi) afferma che "chi vuole vivere in modo integrale la propria fede cristiana non può accordare a certi atteggiamenti [quelli di Salvini nei confronti degl'immigrati, ndr]", questi non ha capito nulla del Cristianesimo! Il Cristiano è tenuto a curare la santificazione della propria anima nella liturgia, è tenuto a praticare l'orazione sino a giungere alle vette della contemplazione e dell'orazione incessante; è Cristiano integrale quegli che si ritira negli eremi e nei monasteri per recitare senza sosta la Preghiera del Cuore. Solo infatti chi vive in accordo a questi precetti SPIRITUALI può veramente essere trasfigurato dalla grazia, e ritornare più prossimo possibile alla condizione di luce e immacolatezza dei protogenitori prima della caduta. Le azioni sociali eticamente cristiane (partiamo dall'evangelico "amare il proprio nemico", ma potrebbe essere anche l'accogliere o qualunque altra cosa) sono effetto dalle azioni spirituali: lo starets Amvrosij di Optina diceva che l'uomo spirituale non può odiare nessuno, ma solo amare, anche coloro che lo perseguitano o lo odiano, perché la sua anima nella grazia è completamente trasfigurata a immagine dell'amore infinito di Dio.

Se si tornasse a spiegare questi concetti, cioè ad affermare la superiorità e la centralità dello Spirito, non ci sarebbe più alcun appiglio per il modernismo e il "cristianesimo" liberal. Verbigrazia, san Francesco d'Assisi non potrebbe essere additato come modello ecologista, perché l'ecologismo stesso non avrebbe senso: il Serafico Padre, come san Paisios dell'Athos e molti altri santi vivevano in un così stretto contatto con la natura e le creature di Dio, tanto che le creature arrivavano ad obbedire loro (si vedano in proposito il miracolo degli uccelli e quello del lupo di Gubbio di S. Francesco, o il miracolo della lucertola di S. Paisios), perché la loro anima era a tal punto santificata nella grazia ch'essi rivivevano la condizione precedente alla caduta, in cui gli animali obbedivano all'uomo ed egli imponeva loro i nomi e viveva con loro in armonia (cfr. Genesi 2,20).
Purtroppo il modernismo può diffondersi laddove (anche nel cattolicesimo preconciliare) c'è un'impostazione religiosa troppo naturalistica e fondata su aspetti legalistici e sociali che va a oscurare l'importanza precipua dello Spirito. In tal senso, la "dottrina sociale della Chiesa" di Pio XI, che va ad amplificare il modello avuto nella Rerum Novarum di Leone XIII, è estremamente pericolosa per via della centralità che dà al ruolo sociale della Religione (il quale indubbiamente può esserci ma non è una sua qualità primaria e necessaria), imperocché vi è il rischio concreto ed effettivo (tangibilmente riscontrabile negli attuali sostenitori della dottrina sociale "tradizionalista") di mettere questi aspetti al primo posto, tralasciando o banalizzando lo spirituale.

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