venerdì 4 gennaio 2019

La Benedizione delle Acque nella tradizione occidentale

La benedizione delle acque in Russia
Tra i molti costumi liturgici, particolarmente sentiti a livello popolare, che accompagnavano tradizionalmente il ciclo festivo della Natività di Nostro Signore, dall’Avvento all’Ottava dell’Epifania, un rito colpisce indubbiamente per la sua ricchezza e complessità, nonché per l’enorme diffusione ch’ebbe in tutto l’orbe: quello della benedizione dell’Acqua nella vigilia dell’Epifania.
Benché infatti l’Epifania sia ricordata principalmente come la ricorrenza dell’Adorazione dei Magi, in realtà sono tre i misteri commemorati in questa festa, tre misteri che corrispondono alle tre manifestazioni iniziali della Divinità di Nostro Signore Gesù Cristo (tale è infatti il significato della parola Ἐπιφάνεια, e ancor meglio di Θεοφάνεια, come i Greci chiamano questa festa):

  • L'adorazione dei Magi
  • Il Battesimo di Nostro Signore Gesù Cristo nel Giordano
  • Il miracolo compiuto alle Nozze di Cana

L'adorazione del Cristo infante come il Re dei Re della terra, l'inizio della sua vita pubblica e la vocazione dal cielo "Tu se' il figliuolo mio diletto, in te ho posto il mio compiacimento", il primo miracolo pubblico, sono tutte manifestazioni eloquenti della Divinità di Cristo, così come la festa della Circoncisione, il 1 gennaio, era una manifestazione eloquente della sua Umanità, risultando così spiegata attraverso questo ciclo di feste natalizie anche l'unione ipostatica delle due nature nell'unica persona del Figlio. Queste tre manifestazioni divine, pur avvenuta in anni diversi, in giorni diversi, sono festeggiate insieme, a cagion della strettissima relazione intrinseca, il 6 di gennaio, 12 giorni esatti (numero altamente simbolico) dopo il Natale di Gesù; questa triplicità del mistero dell'Epifania è condivisa da tutte le tradizioni cristiane, essendo la festa delle Sante Teofanie (ecco spiegato perché i Greci più correttamente usano il nome al plurale) una delle più antiche e venerate di tutta la Chiesa. Cionondimeno, ciascuna tradizione sviluppò indipendentemente il ricordo di questi tre misteri, spesso slegandoli l'uno dall'altro e spostando la memoria di alcuni in altri giorni dell'anno liturgico.

La triplicità dell’Epifania è nondimeno ben presente nell’Ufficio divino tradizionale, le cui antifone, pur riferendosi in massima parte all’Adorazione dei Magi, non trascurano il Battesimo (che comunque sarà più diffusamente commemorato il 13 gennaio, ottava dell’Epifania) né le nozze di Cana (il cui vangelo si leggerà comunque alla prima domenica dopo l’Ottava dell’Epifania). Un’antifona particolarmente li esprime tutti e tre molto bene: quella del Benedictus delle Laudi.

Hódie cælésti sponso juncta est Ecclésia, quóniam in Jordáne lavit Christus ejus crímina: currunt cum munéribus Magi ad regáles núptias, et ex aqua facto vino lætantur convívæ, allelúja.

Oggi allo Sposo Celeste è unita la Chiesa, poiché nel Giordano Cristo ha lavato i suoi peccati: accorrono i Magi coi doni alle nozze regali, e dell'acqua mutatasi in vino si allietano i convitati, alleluja.

Con questa stessa antifona si apre anche il già menzionato ufficio della benedizione dell’acqua. E’ certo nota l’importanza che ha in Oriente (dove la festa del 6 gennaio [19 secondo il vecchio calendario] è dedicata specialmente proprio al Battesimo) detta benedizione (di cui abbiamo ampiamente parlato QUI): a chiunque sarà capitato di vedere le immagini dei fedeli che, nel freddo di una notte di pieno inverno, si gettano nei fiumi gelati della Russia, appena solennemente benedetti; facendo qualche breve ricerca, non sarà difficile trovare che pratiche simili sono presenti anche in Grecia e financo in Africa, dimostrando non solo la grande partecipazione di popolo a questi riti, ma pure la quasi universale diffusione che hanno nell’Oriente cristiano.

Meno noto è però, dacché quasi dappertutto è caduta in disuso da svariati decenni, che pure in Occidente tale benedizione avesse larghissima diffusione: dalla Chiesa di Moravia, che ne attribuiva la paternità ai suoi apostoli Cirillo e Metodio (ancorché la maggior parte degli autori, seguendo quanto riportato nell’Euchologion sive rituale graecorum di Giacomo Goar, fissino la sua origine nel rito costantinopolitano dell’epoca del Crisostomo, che pure ne fa attestazione nella sua omelia de Baptismo Christi), alle Chiese gallicane e mozarabiche, senza scordare ovviamente la Chiesa delle Venezie, dove forte era questa consuetudine, praticata in quasi tutte le parrocchie fino agli anni ’50, e in modo massimamente solenne nella Basilica Ducale di S. Marco, dove il Primicerio (e dal 1806 il Patriarca) la officiava pontificalmente alla presenza di tutto il capitolo.

Salvo qualche piccola variante, il rito si presentava abbastanza simile in tutto l’Occidente: celebrato in tertio, con sacerdote in piviale bianco e diacono e suddiacono parati, prevedeva una ricca salmodia, antifone cantate in toni ornati, le Litanie dei Santi (interrotte a un certo punto dall’officiante, che canta delle litanie di benedizione dell’acqua proprio come, nel conferimento degli Ordini Sacri, il Pontefice interrompe le Litanie dei Santi per cantare delle litanie d’intercessione per gli ordinandi), il Magnificat (o il Benedictus in altri luoghi, a seconda dell’ora in cui si usasse celebrarla), Epistola, Vangelo e Prefazio (secondo lo schema tipicamente medievale della missa sicca, mantenuta per esempio nella benedizione dei rami la Domenica delle Palme), una solenne immersione di una Croce preziosa nell’alveo dell’acqua da benedirsi (costume ripreso dall’uso greco, che prevede appunto di gettare una croce in fiumi o laghi per benedirli; il costume popolare di gettarsi in acqua è in realtà una sorta di palio folkloristico-religioso volto al ricupero della Croce), il Te Deum e l’aspersione.

Pur non riportata originalmente nel Rituale Romano del Concilio di Trento, molte Chiese locali la incorporarono, facendo leva sul fatto che nei loro territori si praticassero queste benedizioni per antichissima consuetudine. Non erano mancati tuttavia anche gli abusi, come l’inserimento di preghiere esorcistiche non tradizionali e la cui conformità agli usi della Chiesa era in dubbio: con un rescritto, dipoi pubblicato in tutti i Rituali, dell’11 gennaio 1725, la Congregazione dell’Indice proibì tutte le aggiunte “moderne” alle cerimonie del rituale romano. Chiarezza circa la benedizione fu fatta comunque da Benedetto XIV il quale, pur riconoscendo che sia un’aggiunta all’originale rito romano, non lo disapprova, ammettendosi di poter seguire dei riti importati dall’Oriente e diffusisi in Occidente, condannando però tre costumi non originari ma ampiamente seguiti:

  • Il far portare la Croce [da immergere nell’acqua, ndr] in processione da un fanciullo, il che “si oppone alla gravità de’ sacri riti, ed è da aborrirsi” (Benedetto XIV, De Canonizatione sanctorum, tom. IV, p. II, cap. 20). Notare che il costume della Basilica di S. Marco prevedeva che a portare la Croce fosse l’arcidiacono del Capitolo, parato di dalmatica e stola. Si può desumere che l’uso sano e originario fosse dunque quello di far portare la Croce dal diacono.
  • Alcune aggiunte “temerarie” nell’esorcismo del sale, in cui, a detta del Pontefice, taluni solevano inserire parole tratte dalla Scrittura che si riferivano misticamente al sale, ma non avevano analogia con alcun altro esorcismo.
  • Le aggiunte non approvate di nomi alle Litanie dei Santi

«Quae tamen – scrive Benedetto XIV – non animo reprobandi Sacrum antiquum Ritum Benedictionis aquae in Vigilia Epiphaniae, sed tantum additamenta rejiciendi in eum inserta absque Sedis Apostolicae auctoritate». Ancora, lo stesso Pontefice, nella sua costituzione Allatae sunt, ammonisce i Vescovi «in quorum Dioeceses longo ab hinc tempore nonnulli Ritus ab Ecclesia Graeca manantes irrepserunt, ut illos de medio tollere non contendant, ne turbae excitentur, et non videantur improbare rationem agendi Sedis Apostolicae, quae Ritus illos irrepsisse cum optime noverit, eosdem tamen servari et frequentari permisit».

Nel 1890, la Sacra Congregazione dei Riti inserì nel Rituale Romano una benedizione solenne dell’acqua in forma pontificale per la vigilia dell’Epifania, sanzionando dunque definitivamente il rito ed estendendolo anche a quei luoghi ove prima non fosse stato praticato. Si trattava però di una benedizione molto scarna, elaborata sul modello di una qualsiasi ora canonica (p.e. il Vespero, con salmi e Magnificat) e inserendovi una brevissima benedizione dell’acqua, tralasciando dunque esorcismi, parti della missa sicca e soprattutto il suggestivo rito della Croce. Dal momento che questa benedizione ridotta non trovò però il consenso del clero e del popolo di quei luoghi ove la benedizione era da tempo praticata more antiquo, la stessa Sacra Congregazione hanc praxim (l’uso precedente, ndr) permisit continuari, purché curando di non seguire quei costumi che Benedetto XIV riteneva illegittimi (e che, stando ai racconti di qualche anziano cantore dell'Istria, nei quali ho appreso che ancora nella prima metà del Novecento si soleva far portare la Croce da un bimbo vestito da angioletto, che poi avrebbe accompagnato il prete pure nella benedizione delle case, continuarono a lungo a essere seguiti).

Al link in calce è possibile scaricare il testo della benedizione, tratto da un rituale di fine Ottocento. La notazione musicale segue purtroppo lo stile dell'editio medicaea, con tutte le problematiche e le corruttele conseguenti.
Le rubriche contenute nel testo del Rituale sono assai scarne, e danno giusto qualche indicazione di massima per lo svolgimento della cerimonia (quello che è da cantarsi e da recitarsi sottovoce; quello che è da cantarsi dal diacono o dal suddiacono); tutto il resto dev'essere desunto per similitudine (assai vaga) con altre benedizioni: le parti da svolgersi avanti all'alveo andranno eseguite come alla benedizione dell'acqua nella veglia pasquale, le litanie come alla cerimonia d'ordinazione, l'Epistola e il Vangelo come i corrispettivi della Domenica delle Palme, etc. Tra le anomalie e i punti dubbi del cerimoniale, è da segnalare che la benedizione presenta due Vangeli, ambedue cantati dal diacono: la prima volta è specificato accepta benedictione, la seconda volta no; si dovrebbe forse supporre che la benedizione ricevuta la prima volta valga anche per la seconda. Dipoi, ritengo ragionevole che il sacerdote "doppiasse" segretamente la lettura di Epistola, tratto, Vangelo etc.
Inoltre, dalle testimonianze popolari veneziane in mio possesso, pare che, proprio come avviene comunemente in Oriente, talora la benedizione si effettuasse non su di un alveo d'acqua all'interno della chiesa, bensì all'esterno, per esempio a un pozzo vicino. In tal caso, la ricostruzione delle rubriche seguite sarebbe ancora più difficile, particolarmente nell'individuare gli spazi liturgici ricavati (dove il diacono e il suddiacono cantassero le rispettive letture; dove s'inginocchiassero i ministri, etc.)

SCARICA IL TESTO DELLA BENEDIZIONE

Fonti storiografiche e del testo:
Don Giovanni DIGLICH, Dizionario Sacro Liturgico che comprende le rubriche del Messale, del Breviario e del Rituale Romano, Foligno, dal tipografo Tomassini, 1831, vol. I, pp. 8 e ss.
Biblioteca per li parrochi e li cappellani di campagna, Venezia, Giuseppe Antonelli Tipografo edit., 1835, vol. I, pp. 622 e ss.
Rituale Romanum Pauli V Pont. Max. Jussu editum cum Conjurationibus ad fugandas tempestates & Benedictione Aquae, quae fit in vigilia Epiphaniae, & aliis. Nunc addita formula absolvendi et benedicendi populos & agros a Sacra Rituum Congregatione approbata, Venetiis, apud Franciscum Baba, 1656
Benedictio aquae juxta consuetudinem Ducalis Ecclesiae S. Marci Venetiarum, pag. 24

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