mercoledì 14 giugno 2017

San Basilio Magno, Padre di Cappadocia

di "Catholicam Apostolicam"


S.Basilio nacque a Cesarea di Cappadocia nel 329.Acquisisce le prime nozioni religiose sotto la guida della nonna Macrina, a Neocesarea sul Ponto, successivamente verrà istruito da suo padre e nella scuola dei grammatici, sempre a Cesarea. Completa poi gli studi a Costantinopoli e ad Atene, conoscendo e stringendo amicizia con Gregorio Nazianzeno.
Torna a Cesarea nel 356, lavorando per qualche tempo come insegnante di retorica e in seguito, reagendo ad un'appassionata richiesta della sorella si fa battezzare e in seguito si ritirò a vita ascetica,ispirandosi a esperienze di molti anacoreti ed eremiti di Siria,Egitto e Palestina.
Al ritorno,si ritirò sulle rive del fiume Iris, dove redasse la Grande Regola (Fusius Tractatae) e la Piccola Regola (Brevis Tractatae), come orientamento per la vita dei monaci che da lui presero il nome di monaci basiliani.

I monaci basiliani sono monaci che si ispirano alla regola dettata da San Basilio Magno (morto nel 379).
Possono essere sia di rito greco che latino, anche se spesso vengono erroneamente indicati come basiliani tutti i monaci cattolici di rito greco.
La Regola basiliana fu redatta  da san Basilio, abbiamo detto, in due tempi successivi: la prima comprende 55 articoli sui doveri generali del monaco, anche se Basilio parla genericamente di "fratello", riferendosi chiaramente alla fratellanza in Cristo. La seconda è una specie di casistica sulla vita monastica. In esse San Basilio presenta la vita monastica come lo stato ideale per raggiungere la perfezione cristiana.


All'isolamento , tipico del primo monachesimo orientale, Basilio preferisce  la dislocazione dei monaci ma la loro comunità nei luoghi di preghiera e di lavoro in comune. Secondo san Basilio, il cenobio favorisce la correzione dei difetti e l'aiuto reciproco e fraterno  tra i monaci.San Basilio nel dare uno stampo simile a quello di un nucleo famigliare  alle piccole comunità di monaci.
San Basilio fondò i suoi monasteri non in luoghi deserti , ma nelle città o nelle loro vicinanze, in modo che la scelta del silenzio e del raccoglimento fosse legata alla dimensione caritativa.

Intorno al 360 Basilio è ordinato presbitero da Eusebio di Cesarea . Nel 363 il santo ebbe l'apparizione della Madonna, che gli promise la sua protezione sul suo operato. Dieci anni dopo, nel 370, dopo la morte di Eusebio, venne eletto vescovo di Cesarea in Cappadocia, metropolita ed esarca dell'intera regione del Ponto.
Combatté molto contro le dottrine ariane che, con l'appoggio dell'imperatore Valente, stavano prendendo piede nella Chiesa. Lo stesso imperatore tentò a più riprese di piegare Basilio a queste dottrine , ma non lo contrastò mai direttamente, limitandosi a dividere in due diocesi la Cappadocia per sottrargli potere. Basilio difese l'ortodossia delle Chiese cristiane conciliari anche contro i Macedoniani.
Basilio,nel tentativo di riprodurre in terra la propria concezione di opera di misericordia,fece costruire una cittadella della carità con locande, ospizi, ospedale e lebbrosario, chiamata Basiliade: questa fu la sua più grande opera, che gli valse il nome di Magno .Tuttavia,nonostante i rapporti col governo furono inaspritoi dall'ostilita di Valente,essi si  stabilizzarono con la decisione di Teodosio I del l'affermazione del Cristianesimo a religione di Stato dell'Impero romano,   rivalutando il ruolo del paganesimo e del giudaismo a condizione di religioni private. Sulla sede episcopale di Costantinopoli, con l'appoggio di Basilio, fu insediato Gregorio Nazianzeno. Di lì a breve, provato dalle austerità, dalle malattie e sfinito dalle preoccupazioni, morì il 1º gennaio 379; in tale data ancora lo festeggia la Chiesa Greca, dalla quale è considerato uno dei maggiori Padri su cui l'intera Chiesa Orientale si fonda.

San Basilio compone  molte opere di carattere dogmatico, ascetico, oltre che ad una larga produzione di opere omeleutiche,delle quali le più famose sono quelle riguardanti i giorni della creazione,e ad un ampio e vario epistolario . Scrisse anche l'antologia origeniana "Filocalia".
Tra le opere di Basilio, decisive nel dibattito teologico del IV secolo sulla Trinità, bisogna almeno ricordare "Contro Eunomio" e "Lo Spirito Santo", indicante la divinità della terza persona trinitari oltre che alla  affermazione del Filioque nella sua concezione moderna.

Link al testo della Divina Liturgia attribuita a S. Basilio la quale si officia nelle chiese greche il 1 gennaio, nelle domeniche di Quaresima, nella notte di Natale, il Giovedì Santo, e in altri giorni particolari (il link va usato insieme a un buon testo della Liturgia del Crisostomo. Una pubblicazione su tale forma di Divina Liturgia è in programma per l'anno prossimo)

Dalle Regole lunghe (II,2-4)

Che linguaggio potrà esporre degnamente i doni che Dio ci ha fatto? Tale è la loro abbondanza che il numero ce ne sfugge; essi sono così grandi e di tale natura che uno solo ci costringe a offrire tutta la nostra gratitudine a colui che ce li ha elargiti. Ma c’è un dono che non si può tralasciare neppure volendolo e che, se siamo dotati di intelligenza e di mente sana, è assolutamente impossibile passare sotto silenzio, anche se ci troviamo più che mai incapaci di parlarne degnamente: Dio ha fatto l'uomo a sua immagine e somiglianza, e lo ha reso degno di fargli conoscere se stesso. Con il dono dell'intelligenza lo ha posto al di sopra di tutti gli esseri viventi, gli ha offerto di godere gli incomparabili poteri del paradiso, e lo ha costituito padrone di tutto ciò che si trova sulla terra. Quando poi l'uomo fu ingannato dal serpente, quando cadde nel peccato e, con il peccato, nella morte con tutto ciò che essa comporta, Dio non lo abbandonò. Al contrario, gli diede anzitutto il soccorso della Legge, gli pose accanto degli angeli che lo difendessero e si prendessero cura di lui, inviò dei profeti per rimproverargli le sue malvagità e insegnargli la virtù. Spezzò con le minacce la sua inclinazione al male e con le promesse destò il suo desiderio del bene; e spesso mostrò in figura, con esempi salutari che servissero di ammonimento per gli altri, a che cosa terminano bene e male. E sebbene gli uomini, dinanzi a tutti questi doni e ad altri simili, si ostinassero nella disobbedienza, Dio non si allontanò da loro.



Pur avendo offeso il nostro benefattore con l'indifferenza per i doni ricevuti, non siamo stati abbandonati dalla bontà del Signore, né separati dal suo amore per noi; anzi siamo stati richiamati dalla morte e resi nuovamente alla vita dallo stesso Signore nostro Gesù Cristo. E il modo con cui siamo stati salvati è degno di un'ammirazione ancora più grande. Lui, di condizione divina, non volle conservare gelosamente per sé l'uguaglianza con Dio, ma annientò se stesso prendendo condizione di schiavo (Fil 2,6-7).

Ha preso su di sé le nostre debolezze, ha portato le nostre sofferenze, è stato trafitto per noi, perché noi fossimo guariti grazie alle sue ferite (cfr. Is 53,4-5). Ci ha riscattati dalla maledizione facendosi maledizione per noi (cfr. Gal 3,13); ha sofferto la morte più infamante, per condurci alla vita della gloria.

E non gli è bastato ridare la vita a quelli che si trovavano nella morte, ma ha anche offerto loro la sua dignità divina; ci ha preparato un riposo eterno, una beatitudine immensa che supera ogni immaginazione umana. Che cosa dunque renderemo al Signore per tutto quello che ci ha donato? (cfr. Sal 115,12).

Egli, poi, è così buono che non domanda nulla in compenso dei suoi benefici, ma si accontenta di essere amato. Vi dirò quel che provo: quando tutte queste cose mi ritornano alla mente, sono preso da un brivido e da un'ansietà terribile nel timore che, per la mia negligenza e il mio affaccendarmi in cose vane, io mi escluda dall'amore di Dio e diventi per Cristo motivo di vergogna.

Dall'Omelia sopra il digiuno (I)

Dice il Signore: Non mostratevi tristi... ma lavati la faccia e ungiti la testa (Mt 6,16-17). Disponiamoci come ci è stato insegnato alle feste che si avvicinano: non con il volto arcigno, ma con ilarità, come si addice ai santi. Chi è abbattuto, non viene incoronato; chi piange, non ottiene il trofeo. Non essere triste mentre vieni curato. Sarebbe sciocco non rallegrarsi per la salute della propria anima, ma dolersi per la sottrazione dei cibi, mostrando così di dar più importanza ai piaceri del ventre che alla guarigione dell'anima. La sazietà è un godimento del ventre; il digiuno è un guadagno per l'anima. Rallegrati che il medico ti dà una medicina atta a cancellare il peccato. Come i vermi che germinano nell'intestino dei bimbi si cacciano con medicamenti molto aspri, così il peccato che dimora nel profondo dell'anima viene ucciso dal digiuno - che sia veramente degno di questo nome - appena sopraggiunge nell'anima. «Ungiti la testa e lavati la faccia». La parola divina ti chiama a un mistero: chi è unto, si unga, chi ha ricevuto il lavacro, si lavi. Applica il precetto anche alle membra interne: lava la tua anima dai peccati; ungiti la testa con il sacro crisma, perché tu sia partecipe delle membra di Cristo, accedendo così al digiuno. Non oscurarti in volto come i commedianti. Il volto si oscura quando il sentimento interno viene artificiosamente celato, quasi ricoperto da un velo di menzogna. Il commediante poi sul teatro rappresenta una persona altrui: a volte recita la parte di padrone, pur essendo schiavo; o di re, pur essendo cittadino privato. Così, in questa vita, i più recitano la loro parte come su di una scena: una cosa portano in cuore, e un'altra mostrano agli occhi della gente. Non oscurare dunque il tuo volto: tale sei, tale mostrati: non trasformarti in una maschera triste e tetra, per ottenere da queste parvenze la fama di temperante. Un'opera buona pubblicata a suon di tromba non è di utilità alcuna; un digiuno annunciato al popolo non è di guadagno alcuno. Ciò infatti che si fa per ostentazione non reca frutto per la vita futura, ma si esaurisce tutto nella lode degli uomini. Accorri lieto, perciò, al digiuno!

Dall'Omelia sopra il primo salmo (IV-VI)

Leggiamo nel Salmo primo: « Beato chi non si ferma nella via dei peccatori ». «Via» è un nome della vita, poiché ogni vivente è in cammino verso la mèta. Chi viaggia su una nave può anche dormire: senza che se n’accorga, il vento e le onde lo sospingono in direzione del porto. Così è di noi, di tutti e del singolo: il tempo della vita scorre, incessantemente e impercettibilmente, e noi ci avviciniamo a grande velocità al punto d’arrivo. Se dormi, il tempo, benché inosservato, passa. Se vegli irrequieto, la vita si consuma egualmente, e anche in questo caso è facile che tu ciò non lo avverta. Noi tutti siamo una specie di corridori, ciascuno va rapida­mente verso la meta. Proprio per questo noi viviamo. Ecco il significato del termine «via». Durante questa vita tu sei un viandante. Devi
oltrepassare tutto, lasciar tutto alle tue spalle. Scorgi lungo la strada un germoglio, una pianta, una sorgente o qualche altra cosa che vale la pena vedere: ne godi per un attimo e poi prosegui. T’imbatti in rocce, valli, precipizi, scogli, tronchi, fiere, rettili, spine: devi tribolare per un poco ma poi li superi e vai avanti.
Ci sono due strade: una è larga e facile, l’altra è stretta e ardua. E ci sono due guide, ciascuna delle quali cerca di attirare il viandante. Sì, quando diventa adulto l’uomo s’accorge dell’alternativa tra il vizio e la virtù. Fissa allora lo sguardo dell’anima su entrambe le possibilità e le valuta. La via dei peccatori gli presenta tutti i piaceri dell’oggi. La via dei giusti gli prospetta i beni dell’aldilà. Sulla via degli eletti, quanto più belle sono le promesse future tanto più austere sono le realtà presenti. Invece la via facile non rimanda la gioia al domani, la offre già ora. Perciò l’anima soffre le vertigini, si turba. Se guarda l’oggi preferisce il piacere, se pensa all’eternità allora sceglie la virtù.
Una malattia diventata cronica, un’abitudine al male inveterata guariscono difficilmente. Se poi, come succede spessissimo, l’abitudine si trasforma in una seconda natura, la guarigione è assolutamente impensabile. L’ideale sarebbe quindi non avere alcun contatto col male. Ma c’è un’altra possibilità: allontanarsi dal male, fuggirlo come un rettile velenoso, dopo averne fatta l’esperienza. Ho conosciuto certi disgraziati che durante la giovinezza si sono lasciati scivolare nelle passioni e ne hanno contratto l’abitudine che li ha tenuti schiavi anche da vecchi. Simili a porci che si rotolano continuamente nel fango insudiciandosi sempre di più, i peccatori aumentano ogni giorno, con nuovi peccati, la loro ignominia. Beato dunque chi mai ha pensato al male. Se però, per l’astuzia del Nemico, i suoi suggerimenti hanno trovato accesso nel tuo cuore, non restare inerte in balia del peccato. Stai attento a non annegare. Se il peccato già grava su di te, se su di te s’è addensata la polvere delle ricchezze, se il tuo spirito è trascinato in basso dall’attaccamento alle cose, allora prima di cadere nella perdizione completa deponi il pesante fardello, prima che la barca sia sommersa segui l’esempio dei marinai e getta via i beni accumulati indebitamente.

Nessun commento:

Posta un commento