Il canto del Trisagio è diventato parte integrante della Divina Liturgia, viene cantato in tutte le chiese orientali prima del ciclo delle letture. Tuttavia, la sua origine e la sua antica posizione all'interno del rito erano completamente diverse.
Secondo la Tradizione, confermata da san Giovanni Damasceno (nel De fide orthodoxa), un grandioso terremoto scosse la città di Costantinopoli nel 447, al tempo del patriarca Proclo. La gente iniziò a piangere e a disperarsi. Un bambino fu rapito al Cielo, ove sentì il canto angelico: Santo Dio, Santo Forte, Santo Immortale, abbiate pietà di noi. Così, tornato sulla Terra, lo avrebbe insegnato a tutti. Poiché la gente iniziò a cantarlo, il terremoto cessò.
Il Trisagio fu subito adottato alla cattedrale della Divina Sapienza e fu inserito nel Rito Cattedrale. Occorre sapere che fino al XI-XII secolo circa, il Rito Bizantino era diviso in due tronconi: il rito "monastico" e il rito "cattedrale", il primo celebrato nei monasteri, il secondo nelle chiese e nelle cattedrali: erano abbastanza differenti l'uno dall'altro. La sintesi dei due riti ha prodotto il rito che conosciamo noi oggi.
Nel rito cattedrale erano previste delle processioni, e così il Trisagio entrò a far parte del rituale processionale. Quando una processione usciva in strada e si dirigeva presso una chiesa per una celebrazione o una ricorrenza, durante il tragitto si cantava il Trisagio: una "ektenia insistente" concludeva la stazione, ovvero la visita processionale. Non ricorda forse le stationes del rito romano? Certamente, perché hanno la stessa origine.
Le grandi processioni pubbliche attraversavano costantemente la città di Costantinopoli, e il patriarca stesso ne guidava alcune, come ad esempio quella dell'Indizione (1 settembre), l'anniversario della fondazione dell'Urbe (11 maggio), quelle dell'Ascensione.
Fin quando esistette il rito cattedrale, le processioni prevedevano il canto del Trisagio accompagnato da salmi, solitamente il salmo 79. Dopo ogni verso del salmo, si ripeteva il Trisagio, fino alla conclusione del tragitto. La preghiera liturgica che attualmente si recita alla liturgia al momento del trisagio -"Benedite ora, Signore, il tempo del Trisagio" etc - era recitata ogni volta che si iniziava una processione che prevedeva il canto dello stesso. Alla conclusione del Trisagio si cantava il Gloria al Padre, seguito ancora dal Trisagio per tre volte, ma più recitato e meno cantato. Questo spiega perché alla liturgia si canta Gloria al Padre dopo il trisagio.
Dal VI secolo in poi, troviamo il Trisagio cantato anche in assenza di processioni esterne, alla divina liturgia, al momento della processione d'ingresso del clero. Il Rito Cattedrale prevedeva, difatti, un ingresso al santuario prima della liturgia stessa, del tutto identico a quello dell'antica liturgia latina. Il trisagio prendeva così il posto di antifona d'ingresso. Presto, per ovviare alla monotonia, il canto antifonale d'ingresso fu arricchito di inni nuovi, il più famoso dei quali è "Μονογενὴς", scritto dall'Imperatore Giustiniano, e che adesso noi cantiamo come seconda antifona, il quale prendeva il posto del trisagio per certe feste o commemorazioni.
Con l'avvento del sistema "delle tre antifone", fra i secoli VIII e IX, il Trisagio fu spostato ancora, prendendo il posto attuale, dopo il piccolo Ingresso.
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