Occasionando dall'intronizzazione del vescovo Elpidophoros a Metropolita d'America per il Patriarcato di Costantinopoli, riportiamo dal blog "Traditio Liturgica" questa interessante e precisa disamina, anche da un punto di vista teologico, della sempre più grave situazione dello scisma tra la Chiesa di Costantinopoli e quella di Mosca, ormai estendentesi all'intera Ortodossia.
Il Metropolita americano fanariota Elpidophoros, probabile successore di Bartolomeo I
Le recenti vicende ecclesiali in Oriente non riportano nulla di buono.
L’Oriente bizantino, così meritevole d’aver conservato una tradizione teologico-spirituale unica che ancora si perpetua in alcune sue realtà monastiche, sta attraversando un pesante periodo di crisi e sta cercando di trascinare altre Chiese ortodosse nel nella sua difficile situazione.
Ovviamente, una certa stampa e alcuni siti internet cercano di dipingere una realtà piuttosto rosea e ottimistica ma, anche in tal caso, lasciano interdetto il lettore perché, senza volerlo, fanno intuire troppe cose che non quadrano.
Nel 1054 si consumò lo scisma Oriente-Occidente. Questo scisma fu motivato dal fatto che le Chiese si erano troppo differenziate tra loro. In realtà, tale differenziazione divenne aperto contrasto anche e soprattutto per questioni politiche che si celavano dietro ai dibattiti religiosi.
Come allora, oggi dietro al “1054” dell’Ortodossia greca, c’è la politica: la potente influenza americana negli ambienti del Fanar [il “Vaticano greco” a Istanbul] per fini di controllo geopolitico. L’iniziativa ecclesiale in Ucraina di Bartolomeo I, animato dall’idea di “unire” la Chiesa ortodossa di quella nazione sotto la sua obbedienza, ha sortito l’effetto opposto: non solo non ha unito le tre precedenti Chiese nazionali, ma indirettamente ne creata un’altra poiché il bizzoso “patriarca” Filarete, che doveva rimanere dimissionario nella nuova Chiesa voluta da Bartolomeo, ha rivendicato il suo diritto di non essere accantonato. Così, oggi l’Ucraina si trova in una condizione peggiore: con quattro Chiese di cui una sola riconosciuta dall’Ortodossia mondiale ma disconosciuta da Bartolomeo.
Quest’ultimo ha recentemente posto sul trono d’America il suo braccio destro: il metropolita Elpidophoros, il grande teorico del “papato orientale”, del primus super pares.
Il “papato orientale” è un’invenzione ecclesiologica in aperto contrasto con l’ecclesiologia tradizionale ortodossa. Se l’Oriente scopre d’aver bisogno di un papato, storicamente tale papato esiste in Occidente, a Roma, e non si capisce perché ne deve creare un altro su basi tutt’altro che stabili, rispetto a quello occidentale [*].
Ma se l’Oriente, in base alla sua ecclesiologia tradizionale, sente di non aver bisogno di un papato, perché dovrebbe accettare quello artificiale di Bartolomeo? Siamo al colmo del ridicolo! Il bello è che nelle asserzioni di Elpidophoros, chi non accetta questo papato artificiale sarebbe addirittura eretico:
“Lasciatemi aggiungere che il rifiuto di riconoscere il primato all’interno della Chiesa ortodossa, un primato che necessariamente non può non essere incarnato da un primus (cioè da un vescovo che ha la prerogativa di essere il primo tra i suoi compagni vescovi) costituisce nientemeno che un’eresia. Non si può accettare, come spesso si dice, che l’unità tra le Chiese ortodosse sia salvaguardata da una norma comune di fede e culto o dal Concilio ecumenico come istituzione. Entrambi questi fattori sono impersonali mentre nella nostra teologia ortodossa il principio di unità è sempre una persona. Infatti, a livello della Santa Trinità il principio di unità non è l’essenza divina ma la Persona del Padre (o “monarchia” del Padre), a livello ecclesiologico della Chiesa locale, il principio di unità non è il presbiterio o il culto comune dei cristiani ma la persona del vescovo, quindi a livello pan-ortodosso il principio di unità non può essere un’idea né un’istituzione ma dev’essere, se vogliamo essere coerenti con la nostra teologia, una persona... Nella Chiesa ortodossa abbiamo un primus, ed è il patriarca di Costantinopoli” [**].
Queste asserzioni sembrano dei vaneggiamenti: mentre nel mondo cattolico il papa è definito “vicario di Cristo”, Elpidophoros sostiene che il patriarca diverrebbe una specie di “vicario del Padre”! Cristo che, nell’ecclesiologia neotestamentaria paolina (l’unica sensata!), è il capo del Corpo che è la Chiesa, non è sufficiente a spiegare l’unità della Chiesa! Bisogna perfezionare san Paolo e introdursi nel piano intratrinitario, ficcare il naso tra le Persone divine dove non ci è consentito entrare, come già diceva san Gregorio di Nazianzo, per mettere le mani addirittura sulla persona del Padre, il cui vicario sarebbe … il Patriarca di Costantinopoli! [***]
Oltretutto, qui abbiamo una profonda e insanabile contraddizione: quando nel 1054 Costantinopoli rifiutò il primato del papa, poi ulteriormente esplicitato da Innocenzo III nel XIII sec., lo fece anche perché vi vedeva in esso un’ “innovazione sostanziale e incompatibile” rispetto alla dottrina precedente: quella di un primus super pares!
Oggi, quasi mille anni dopo, Bartolomeo I ritiene questa dottrina veritiera e canonica de facto. Ma, se ciò è vero, perché non accetta il primato del papa? Forse perché dovrebbe accontentarsi di un semplice secondo posto? Penso sia l’unica risposta, visto il modo quanto meno spensierato con cui s’interpretano la tradizione e i sacri canoni.
Lancinanti contraddizioni nella dottrina, innovazioni illogiche (almeno in riferimento alle antiche tradizioni), secolarismo e assenza di scrupoli nella conduzione ecclesiale, sono oramai le note distintive dell’ultima parte del patriarcato di Bartolomeo I, circondato da pavidi e interessati cortigiani che accettano ogni suo capriccio pur di essere da lui ben visti. Rari sono quelli che, sulla base almeno del buon senso, ammettono che i chierici non sono i “padroni” della Chiesa ma i servitori della stessa e che, quindi, si devono attenere alle tradizioni e alle loro sapienti logiche.
Purtroppo il nostro è un periodo in cui regna la confusione, e ciò è possibile perché al posto dell’umiltà i capi hanno spesso incarnato la stravaganza e l’orgoglio, in Occidente come in Oriente.
Assisteremo, dunque, a scismi in ogni parte del Cristianesimo e pure l’Ortodossia, che fino ad oggi marciava praticamente compatta, inizierà a frantumarsi almeno in due obbedienze: quella fanariota (che aggregherà in buona parte i greci più sensibili all’etnos che al dogma) e la restante che cercherà di mantenere l’assetto precedente. I grandi sogni di dominio del Fanar, si ridurranno, così, a poca cosa e il “papa di plastica” orientale potrà fare il despota solo su poche migliaia di greci.
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Note
[*] Mentre il primato romano è appoggiato sul fatto storico che san Pietro è morto e sepolto a Roma (principio apostolico), il primato costantinopolitano è unicamente politico: si appoggia sul fatto che Costantinopoli è la capitale di un impero che oggi, però, non esiste più. Non esistendo più l’impero che diritto ha ancora e su cosa si appoggia il primato del Patriarcato Ecumenico se non su una semplice consuetudine perpetuata, per pura convenienza politica, dai sultani nella turcocrazia? E questo sarebbe un “principio ecclesiologico” valido per sempre, quando, al contrario, è espressione evidente di una convenzione di un ben preciso periodo storico?
[**] Vedi qui.
[***] È molto importante notare che per la teologia ortodossa, diretta erede della patristica greca, la realtà si divide in creata (noi stessi e il mondo di cui facciamo parte) e in increata (Dio). Non si può e non si deve fare confusione mescolando questi due piani o giudicando l’increato con il metro del creato. Ecco perché, visto a posteriori, l’ecclesiologia paolina è sensata: pone Cristo a capo della Chiesa perché la Chiesa è una realtà creata – almeno nella sua componente umana – e Cristo in quanto Dio che però diviene uomo (di natura creata) ne è capo. Entrare nell’increato – la Trinità – servendosi di categorie umane e proiettandovi i propri bisogni o ragionamenti è assurdo. Non a caso il mondo cattolico, che in questo si è dimostrato più tradizionale, definisce il papa “vicario di Cristo” e non “vicario del Padre”, come fa Elpidophoros. Servirsi di categorie intratrinitarie per l’Ecclesiologia è assolutamente ardito, stupefacente e antitradizionale. Significa andare contro la mentalità di tutta la patristica greca. Con tutto ciò Elpidophoros crede di essere “coerente” con la teologia ortodossa! La natura di Cristo è duplice, divina e umana, ed è grazie a questa duplicità che Egli è ponte ed è capo della Chiesa, come realtà che in qualche modo riflette la duplicità della sua natura. Ma porre il Padre (increato e coeterno) come capo della Chiesa (contrariamente a quanto dice san Paolo), di cui il Patriarca Ecumenico sarebbe il “vicario”, comporta o la sola natura divina della Chiesa o la sola natura creata del Padre. Ciò mostra con solare evidenza l’eresia del ragionamento di Elpidophoros e di quanti gli sono stati maestri instradandolo in questa direzione.
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