Come abbiamo già letto, il cinquantesimo giorno dopo Pasqua, se non altro a Gerusalemme, originariamente segnava il completamento del periodo pasquale, come Egeria narra nella sua descrizione della festa dell’Ascensione – Pentecoste che lei chiama “un giorno molto celestiale per il popolo” nel capitolo 43 del suo racconto di viaggio [1]. Dopo la consueta funzione all’Anastasis (Basilica della Resurrezione) in Gerusalemme, la comunità in quei giorni andava dopo a Sion all’ora terza del giorno, per commemorare la discesa dello Spirito Santo; e dopo essersi rifocillati e riposati, le persone andavano al Monte degli Ulivi, al luogo da cui il Signore ascese al cielo, allo scopo di commemorare l’Ascensione.
Dalla prima metà del quinto secolo, tuttavia, il Lezionario Armeno già indica due distinte feste. L’officio descritto nella sezione 58 [2] commemora la discesa dello Spirito Santo. Alla liturgia, nella Basilica della Resurrezione, veniva letto il racconto della discesa del Santo Spirito sugli apostoli (Atti 2.1 – 21), nonché la pericope di Giovanni (Gv 14.15 – 24) sulla promessa del Signore di inviare il Paraclito. All’ora terza, il popolo si recava a Sion per commemorare, nello stesso luogo e allo stesso tempo, la discesa dello Spirito. Successivamente, all’ora decima, andavano al Monte degli Ulivi dove, dopo le letture, veniva letta, una preghiera in ginocchio, ripetuta tre volte. Qui troviamo un embrione delle tre preghiere in ginocchio ai vespri della sera di Domenica di Pentecoste, di cui parleremo oltre.
Dobbiamo notare che l’officio sul Monte degli Ulivi alla sera di Pentecoste descritto nel Lezionario Armeno non è semplicemente “una sorta di conservatorismo che è abbastanza frequente nella pratica liturgica”, come R. Cabié ci lascia credere. Infatti, le parole dette agli apostoli in quel luogo il giorno dell’Ascensione dagli ”uomini vestiti di bianco” – "Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo"(Atti 1.11) – danno un carattere escatologico al Monte degli Ulivi. Il Monte degli Ulivi non è semplicemente il luogo da cui Cristo è partito, ma anche il luogo in cui farà ritorno. Questo è ciò che Renoux rammenta a riguardo:
La chiesa del Monte degli Ulivi, un monumento commemorativo all’Ascensione, era anche legato, dall’insegnamento che Gesù pronunciò qui su sé stesso e la fine del tempo, alla intera economia della salvezza, alla sua partenza verso i cielo, al suo ritorno in gloria e per questo all’attesa dell’umanità. […] Il dirimpettaio Tempio distrutto, la chiesa sull’Eleona, a est di Gerusalemme, rammentavano ai cristiani la sovranità del Signore risorto, asceso in gloria, e vivente in un posto nuovo da cui verrà per condurre lì il suo popolo. Non è più dalla Gerusalemme terrena, ma dal suo Oriente, dal cielo in cui andò Gesù, che la salvezza verrà. Oltre alla sua funzione di memoriale – per conservare la memoria dell’ascensione - l’Eleona (Uliveto), ad est della Città Santa, evocava anche l’intero ,mistero di Cristo e il futuro dell’umanità che è legato a lui. Eleona, un segno della Parousia, così rammentava al fedele, ogni volta che si raccoglieva lì, che il Signore celebrato in questo o quel particolar mistero, è anche l’unico che tornerà [3].
Il raduno sul Monte degli Ulivi nel pomeriggio di Pentecoste, dunque, mostra bene che, anche inseguito l’Ascensione era separata da questo giorno dopo il Secondo Concilio Ecumenico al fine di dare maggiore enfasi alla divinità del Santo Spirito, il cinquantesimo giorno segna la chiusura del periodo pasquale e dell’intero mistero della salvezza. Questo mistero, in una prospettiva escatologica, culminerà nella seconda venuta di Cristo che ogni cristiano di ogni epoca confessa e attende attraverso la propria preparazione.
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Note:
1) Égérie, Journal de voyage 41 (SC 296, p.298).
2) Renoux,II, 339.
3) C. Renoux, “En tes murs, Jerusalem: Histoire et mistère”, in La Liturgie: son sens, son esprit, sa méthode. Conférences Saint-Serge. XXVIII Semaine d’études liturgiques (Rome, 1982), 259 – 60.
Tratto da Job GETCHA, The Typikon Decoded
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