venerdì 25 agosto 2017

In festo S. Ludovici Regis et Confessoris

Nella festa di S. Ludovico (o Luigi) IX Re di Francia e Confessore, pubblichiamo un piccolo estratto di un saggio scritto tempo addietro da un membro della nostra redazione, nel quale si riassumono brevemente le imprese del Santo Sovrano in terra maomettana.
Ricordiamo che la figura di S. Ludovico, che oltre al Re Crociato è appellato anche il Re Devoto (basti pensare la sua dedizione straordinaria al ritrovamento e alla raccolta delle reliquie), e in generale il Re Cristiano per eccellenza (dato il suo impegno nella difesa della Fede Cattolica, contro i nemici interni ed esterni, gli eretici e i bestemmiatori e i musulmani e i giudei, il più grande sostenitore della predicazione dei neonati ordini mendicanti) è una delle più ispiranti per il governante veramente cristiano. Re a solo quattro anni (e pertanto detto "Re Fanciullo"), ebbe una vita che non si esiterebbe a definire sfortunata, ma ciononostante rimase sempre fedelissimo alla causa di Nostro Signore Gesù Cristo, per il quale forse non ottenne il successo personale, ma fece godere alla Francia uno dei periodi di maggior splendore di tutto il medioevo.
Egli ci si presenta inoltre come il modello perfetto del Crociato: ai modernisti che tentano di demolire il principio d'infallibilità della Chiesa presentando le Crociate come uno dei suoi errori, è da presentare il modello di San Ludovico, il quale mostra veramente come la Crociata era in sé una guerra giusta da combattersi solo per la maggior gloria di Dio (non che in essa non vi siano stati peccatori, che abbiano approfittato di essa per compiere stragi e sterminj inutili, ma la Chiesa non può aver fallato indicendo le Sante Crociate, le quali sono cose buone e meritorie nel loro intento originario, di cui S. Ludovico è incarnazione perfetta).
Quanto ci sarebbe bisogno di una nuova crociata, con degli emuli del Santo Re di Francia, contro l'islam odierno, ma soprattutto contro l'ateismo e il laicismo che stanno distruggendo la società occidentale introducendo in essa le più gravi bestialità contro le leggi di Nostro Signore Gesù Cristo! Guardiamo e invochiamo dunque la figura di S. Ludovico, che un trovatore definiva “leale e integro, esempio di saggezza e di rettitudine” che conduce “una vita santa, linda, pura, senza peccato e senza macchia", e che considerava un suo dovere, in qualità di reggente cristiano, combattere e dare tutta la propria vita per la maggior gloria di Nostro Signore sulla terra: "La Crociata - diceva - è il coronamento della retta condotta di un principe cristiano".


Nicolas-Guy Brenet, S. Luigi IX riceve il vecchio della montagna, 1773, Musée Carnavalet, Parigi

Dal saggio breve "Le Crociate"

(VII Crociata). A complicare la situazione vicino-orientale, rimasta pacifica per una ventina d’anni, s’aggiunge l’avanzata dei mongoli, che nel 1219 avevano distrutto il pur potentissimo impero di Corasmia. Il figlio dell’ultimo imperatore corasmio, nel tentativo di ridar luce al suo impero, prese a guidare bande di disordinati briganti che compivano razzie nei territori musulmani. Al-Salih, figlio cadetto di al-Malik, aveva cominciato a comprare schiavi-soldati (i cosiddetti mamelucchi) e a trattare con questi gruppi corasmi. Il padre allora lo allontanò, nominandolo governatore di Siria. Questi, alla morte del padre, destituì l’erede al-Adil e divenne nuovo Sultano. Nel 1244 il sultano fece fuori anche gli ultimi rimasti della famiglia reale, non rendendosi conto però dello spropositato potere che stavano ottenendo le sue guardie sbandate che operavano in tutto il Sultanato. Nel 1245, gli ultimi Ayyubidi rimasti, con il voltafaccia della guardia mamelucca, depredano Gerusalemme massacrando 30.000 cristiani. Durante il Concilio di Lione, tutto ciò spaventò la cristianità, e si decise di indire una nuova crociata per calmare la situazione mediorientale, guidata stavolta da Luigi IX (San Luigi o Ludovico) re di Francia, anziché del nuovamente scomunicato Federico II. Luigi, pur malato, organizzò la crociata, ma non trovò appoggi da nessuno: il Papa e l’Imperatore erano in forte conflitto, e solo Enrico III d’Inghilterra fornì 200 cavalieri. Così, il 12 giugno 1248, Luigi va a Saint Denis a prendere l’orifiamma, la tracolla e il bordone dalle mani del cardinale legato, segni della sua intima convinzione dell’identità tra crociata e pellegrinaggio. Recatosi a piedi nudi eall’abbazia reale di Saint Antoin de Champs e, prima di partire, nominata sua madre reggente del regno, Luigi organizzò la crociata in modo impeccabile: concesse vantaggi anche economici a chi partecipava alla crociata e si curò di evitare conflitti interni o stragi inutili. Il rigoroso Luigi rispettò e fece rispettare quelle prescrizioni che riguardavano la modestia nel vestire propria dei Crociati, ma Luigi, per quanto riguarda la sua persona, non si accontentò di applicare rigorosamente le prescrizioni della Chiesa e, secondo la sua abitudine, ma conservò tale austerità anche al ritorno dalla crociata fino alla morte. Questa rinuncia è il segno di una svolta nella vita di san Luigi, il passaggio da un genere di vita e di governo semplicemente conformi alle raccomandazioni della Chiesa a una condotta personale e politica autenticamente religiosa, da un semplice conformismo ad un vero ordine morale. Il 25 agosto 1248, accompagnato dai fratelli (Roberto I, Carlo d’Angiò e Alfonso III) e 15.000 uomini, re Luigi partì da Aigues-Mortes verso l’Egitto. Nel 1249, la flotta sbarcò senza problemi a Damietta, e si diresse verso al-Mansura, guidata dal capitano mamelucco Baybars, il quale fece anche ai francesi un accordo, rifiutato: restituire Damietta per Gerusalemme (la città santa non era poi importantissima per i musulmani, mentre il porto sì: l’Egitto era diventato il vero cuore dell’impero, e non le travagliate Siria e Palestina). Così Luigi attaccò al-Mansura, scontrandosi con le difese del capitano, che riuscì a resistere fino all’arrivo dell’Emiro, che aveva intanto massacrato l’Ordine Ospitaliero che aveva tentato una sortita ad Ascalona. Inutile fu la resistenza dei cristiani, anche perché moltissime vittime fecero il tifo e lo scorbuto. Luigi fu catturato (e tra l’altro guarito da un medico arabo) e restituito dietro il pagamento di 800.000 bisanti pagati dai Templari. Luigi IX restò altri quattro anni in Terra Santa, senza ottenere risultati.

Un generale cambiamento della situazione internazionale, l’arrivo dell’impero mongolo in Armenia e la guerra tra genovesi e veneziani, favorì la campagna di riconquista di Baybars che riprese la quasi totalità dei domini cristiani in Medio Oriente, minacciando anche Acri. Nel 1267 Clemente IV richiese a Luigi IX di Francia, spaventato da questi eventi, una nuova crociata. Egli fu inoltre convinto dal fratello Carlo d’Angiò, che gli suggerì di tentare di giungere a Tunisi per poi prorompere in Egitto. Inoltre, Muhammad Mustansir, califfo tunisino, aveva buoni contatti con i Cristiani, e sarebbe stato facilmente convertito e portato dalla parte dei Franchi. Arrivarono in Tunisia a luglio, ma il caldo, la peste, la dissenteria e la carenza d’acqua potabile mieterono migliaia di vittime, compreso Luigi IX, che lasciò il trono al figlio Filippo III e la guida della crociata al fratello. Carlo tuttavia poco dopo si ritirò, concludendo un trattato con il califfo che concedeva la creazione di comunità cristiane a Tunisi e assegnava all’Occidente Malta e Pantelleria. Intanto, Edoardo I d’Inghilterra si era recato in Siria con una parte dell’esercito di Luigi per intraprendere la IX crociata. Il Santo Re morirà di malattia in terra straniera, non vedendo mai il successo della Crociata per cui tanto ardentemente s'era battuto.

Gli ultimi istanti di vita del Santo Re 

Giovanni Tristano di Valois, figliuolo suo, racconta San Luigi continuò a preoccuparsi delle cose di Dio e dell'esaltazione della fede cristiana anche sul punto di finir la vita sua. L'ultime sue parole, proferite a fatica e sottovoce, furon: "Per l'amor d'Iddio, cerchiamo di far predicare e di portar poco a poco la fede cattolica a Tunisi. Morì invocando continuamente i Santi cui più era devoto, S. Giacomo e S. Dionigi. Il Beaulieu riferisce che morì all'ora stessa in cui era morto Nostro Signore, su un letto di ceneri sparse a mo' di croce, dopo aver mormorato nella notte: "Andremo a Gerusalemme". La sua canonizzazione è del 1297, ad opera di Bonifacio VIII. Un suo biografo moderno scrive: Ed è così che il re, nato sotto il sego del lutto e morto in terra straniera e infedele, fa il suo ingresso nella gloria eterna.

V. Non nobis, Domine, non nobis
R. Sed nomini tuo da gloriam!

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