venerdì 9 febbraio 2018

Ὕμνος εἰς τὴν Ἐλευθερίαν - I parte

La bandiera greca (a sinistra) e quella bizantina (a destra).
Quasi tutti gli edifici pubblici, ma anche le chiese, espongono
questi due indissolubili vessilli: quello greco, composto da
nove bande (quante le sillabe del motto nazionale,
ελευθερία ή θάνατος, "libertà o morte") bianche e blu, e dalla
croce greca, rappresenta la nazione ellenica; quello giallo con
l'aquila bifronte rappresentava l'Impero Romano e ora
rappresenta la Chiesa Ortodossa: l'unione indissolubile di
queste due bandiere, issate su aste culminanti con una croce,
rappresenta l'incrollabile fede cristiana della nazione greca.
In occasione della giornata mondiale della lingua greca, pubblico alcune strofe del poeta nazionale Dionysios Solomos (1), tratte dal suo poema patriottico Ὕμνος εἰς τὴν Ἐλευθερίαν, scritto nel 1823 sull'onda dell'entusiasmo per la da poco incominciata guerra d'indipendenza ellenica; tale poema, con la musica scritta nel 1828 da Nikolaos Mantzaros, diverrà poi, dopo l'indipendenza, l'inno nazionale. Il poema consta di 158 strofe (ancorché oggi siano utilizzate solo le prime due), di cui pubblichiamo qui le prime 16 strofe.

Dionysios Solomos, patriota di salda fede cristiana, come tutti i patrioti greci (2), a differenza di altri 'patrioti' contemporanei, decora i suoi poemi con moltissimi riferimenti alla propria tradizione religiosa (ancorché da queste prime strofe non sia completamente evidente): la guerra d'indipendenza, sin dalla comparsa dei primi gruppi 'sovversivi', κλέφτες e αρματολοί, era infatti vista come la rivalsa della Vera Religione sull'oppressore maomettano che da quattrocento anni occupava l'avito suolo; quattrocento anni, peraltro, durante i quali il patrimonio della cultura e della lingua elleniche poterono sopravvivere, nonostante i divieti e le restrizioni del 'tollerante' impero ottomano, solo grazie allo zelo e all'azione clandestina dei monaci ortodossi.

(1) Breve epitome sulla carriera del poeta nelle note a questo articolo.
(2) Si faccia attenzione a non cadere nell'errore di considerare l'indipendentismo greco sulla base di quel sentimento liberista e paganeggiante degl'intellettuali romantici europei (per citare un esempio notissimo, l'inglese Lord Byron): essi cercarono d'imporre, con la loro ingombrante azione esterna (che giunse persino a mettere una mai amata dinastia tedesca sul trono ellenico), il mito della ricostruzione di uno stato dell'età classica, mentre il popolo e gl'intellettuali greci avevano piuttosto il mito della ricostruzione di uno stato bizantino e cristiano. Per citare un esempio architettonico, che però riflette una mentalità politica e religiosa sottostante, il Πανεπιστήμιο, il complesso universitario di Atene, costruito dagli europei subito dopo la liberazione della città in stile neoclassico con tanto di statue di divinità pagane, fu a lungo contestato dagli Ellenici, che avrebbero preferito uno stile medievale-bizantino. Purtroppo, le manie anticristiane occidentali iniziavano già a farsi sentire...


Ὕμνος εἰς τὴν Ἐλευθερίαν
Traduzione italiana di anonimo ottocentesco.

Σὲ γνωρίζω ἀπὸ τὴν κόψη 
τοῦ σπαθιοῦ τὴν τρομερή, 
σὲ γνωρίζω ἀπὸ τὴν ὄψη, 
ποῦ μὲ βία μετράει τὴ γῆ.

Ἀπ᾿ τὰ κόκαλα βγαλμένη 
τῶν Ἑλλήνων τὰ ἱερά, 
καὶ σὰν πρῶτα ἀνδρειωμένη, 
χαῖρε, ὢ χαῖρε, Ἐλευθεριά!

Ἐκεῖ μέσα ἐκατοικοῦσες 
πικραμένη, ἐντροπαλή, 
κι ἕνα στόμα ἀκαρτεροῦσες, 
«ἔλα πάλι», νὰ σοῦ πῇ.

Ἄργειε νά ῾λθη ἐκείνη ἡ μέρα 
κι ἦταν ὅλα σιωπηλά, 
γιατὶ τά ῾σκιαζε ἡ φοβέρα 
καὶ τὰ πλάκωνε ἡ σκλαβιά.

Δυστυχής! Παρηγορία 
μόνη σου ἔμεινε νὰ λὲς 
περασμένα μεγαλεῖα 
καὶ διηγώντας τα νὰ κλαῖς.

Καὶ ἀκαρτέρει, καὶ ἀκαρτέρει 
φιλελεύθερη λαλιά, 
ἕνα ἐκτύπαε τ᾿ ἄλλο χέρι 
ἀπὸ τὴν ἀπελπισιά,

κι ἔλεες «πότε, ἅ! πότε βγάνω 
τὸ κεφάλι ἀπὸ τς ἐρμιές;» 
Καὶ ἀποκρίνοντο ἀπὸ πάνω 
κλάψες, ἅλυσες, φωνές.

Τότε ἐσήκωνες τὸ βλέμμα 
μὲς στὰ κλάιματα θολό, 
καὶ εἰς τὸ ροῦχο σου ἔσταζ᾿ αἷμα 
πλῆθος αἷμα ἑλληνικό.

Μὲ τὰ ροῦχα αἱματωμένα 
ξέρω ὅτι ἔβγαινες κρυφὰ 
νὰ γυρεύῃς εἰς τὰ ξένα 
ἄλλα χέρια δυνατά.

Μοναχὴ τὸ δρόμο ἐπῆρες, 
ἐξανάλθες μοναχή, 
δὲν εἶν᾿ εὔκολες οἱ θύρες, 
ἐὰν ἡ χρεία τὲς κουρταλῆ.

Ἄλλος σου ἔκλαψε εἰς τὰ στήθια 
ἀλλ᾿ ἀνάσασιν καμιὰ 
ἄλλος σοῦ ἔταξε βοήθεια 
καὶ σὲ γέλασε φρικτά.

Ἄλλοι, ὀϊμέ! στὴ συμφορά σου, 
ὅπου ἐχαίροντο πολύ, 
«σύρε νά ῾βρῃς τὰ παιδιά σου, 
σύρε», ἐλέγαν οἱ σκληροί.

Φεύγει ὀπίσω τὸ ποδάρι 
καὶ ὁλογλήγορο πατεῖ 
ἢ τὴν πέτρα ἢ τὸ χορτάρι 
ποὺ τὴ δόξα σου ἐνθυμεῖ.

Ταπεινότατή σου γέρνει 
ἡ τρισάθλια κεφαλή, 
σὰν πτωχοῦ ποὺ θυροδέρνει 
κι εἶναι βάρος του ἡ ζωή.

Ναί· ἀλλὰ τώρα ἀντιπαλεύει 
κάθε τέκνο σου μὲ ὁρμή, 
ποὺ ἀκατάπαυστα γυρεύει 
ἢ τὴ νίκη ἢ τὴ θανή!

Ἀπ᾿ τὰ κόκαλα βγαλμένη 
τῶν Ἑλλήνων τὰ ἱερά, 
καὶ σὰν πρῶτα ἀνδρειωμένη 
χαῖρε, ὢ χαῖρε, Ἐλευθεριά!
Te dal filo spaventoso - 
riconosco della spada,
E dal guardo bellicoso - 
che trascorre ogni contrada.

Dalle sacre ossa uscita - 
degli Ellen m'appari qua
Nella prisca tua statura - 
salve, oh salve, Libertà!

Dentro a quelle dimoravi - 
nel dolore peritosa.
Ed un labbro tu attendevi, - 
che dicesse: Oh, vieni e osa.

A venir tardava il giorno, - 
e silente tutto stava,
L'offuscavano minacce - 
e servaggio lo schiacciava.

Sfortunata! Ché restava - 
un conforto a te soltanto:
Le grandezze antiche a dire - 
e a narrarle pur nel pianto.

E aspettando e aspettando - 
liberale un' orazione,
Una man battea l'altra - 
per la gran disperazione.

E dicevi: quando, ahi, quando - 
levo il capo dallo speco?
E dall'alto rispondeva - 
di catene e pianti un'eco.

Ecco allor levavi un guardo - 
fosco e a' pianti mescolato
E intrideva la tua veste - 
greco sangue prodigato.

Con le vesti insanguinate - 
so che uscivi in guise ascose
A impetrare in stranie terre - 
nuove braccia generose.

Solitario il piè si mosse, - 
solitario il passo riede.
Ardue son tutte le porte - 
se 'l bisogno bussa e chiede.

L'uno pianse sul tuo petto, - 
l' altro un poco sospirò,
Altri ancor t'offrì rispetto - 
e crudele t'ingannò.

Altri ahimé a cui tue pene - 
eran gaudii voluttuosi
Orsù, va' e i tuoi figli trova, - 
vanne! dissero impietosi.

A ritroso il piede fugge - 
su le pietre e le cicorie,
Svelto corre e i campi calca - 
già preclari di tue glorie.

In abbietta umiliazione - 
chino sta 'l tuo capo mesto
D'accatton che batte agli usci - 
ed il viver gli è molesto.

Ma ora sì, contro si batte - 
ogni figlio tuo più forte,
E non cessa d' agognare - 
la vittoria ovver la morte.

Dalle sacre ossa uscita - 
degli Ellen m'appari qua
Nella prisca tua statura - 
salve, oh salve, Libertà!

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