Dionysios Solomos, patriota di salda fede cristiana, come tutti i patrioti greci (2), a differenza di altri 'patrioti' contemporanei, decora i suoi poemi con moltissimi riferimenti alla propria tradizione religiosa (ancorché da queste prime strofe non sia completamente evidente): la guerra d'indipendenza, sin dalla comparsa dei primi gruppi 'sovversivi', κλέφτες e αρματολοί, era infatti vista come la rivalsa della Vera Religione sull'oppressore maomettano che da quattrocento anni occupava l'avito suolo; quattrocento anni, peraltro, durante i quali il patrimonio della cultura e della lingua elleniche poterono sopravvivere, nonostante i divieti e le restrizioni del 'tollerante' impero ottomano, solo grazie allo zelo e all'azione clandestina dei monaci ortodossi.
(1) Breve epitome sulla carriera del poeta nelle note a questo articolo.
(2) Si faccia attenzione a non cadere nell'errore di considerare l'indipendentismo greco sulla base di quel sentimento liberista e paganeggiante degl'intellettuali romantici europei (per citare un esempio notissimo, l'inglese Lord Byron): essi cercarono d'imporre, con la loro ingombrante azione esterna (che giunse persino a mettere una mai amata dinastia tedesca sul trono ellenico), il mito della ricostruzione di uno stato dell'età classica, mentre il popolo e gl'intellettuali greci avevano piuttosto il mito della ricostruzione di uno stato bizantino e cristiano. Per citare un esempio architettonico, che però riflette una mentalità politica e religiosa sottostante, il Πανεπιστήμιο, il complesso universitario di Atene, costruito dagli europei subito dopo la liberazione della città in stile neoclassico con tanto di statue di divinità pagane, fu a lungo contestato dagli Ellenici, che avrebbero preferito uno stile medievale-bizantino. Purtroppo, le manie anticristiane occidentali iniziavano già a farsi sentire...
Ὕμνος εἰς τὴν Ἐλευθερίαν
Traduzione italiana di anonimo ottocentesco.
Σὲ γνωρίζω ἀπὸ τὴν κόψη
τοῦ σπαθιοῦ τὴν
τρομερή,
σὲ γνωρίζω ἀπὸ τὴν ὄψη,
ποῦ μὲ βία μετράει τὴ γῆ.
Ἀπ᾿ τὰ κόκαλα βγαλμένη
τῶν Ἑλλήνων τὰ ἱερά,
καὶ σὰν πρῶτα ἀνδρειωμένη,
χαῖρε, ὢ χαῖρε, Ἐλευθεριά!
Ἐκεῖ μέσα ἐκατοικοῦσες
πικραμένη, ἐντροπαλή,
κι ἕνα στόμα ἀκαρτεροῦσες,
«ἔλα πάλι», νὰ σοῦ πῇ.
Ἄργειε νά ῾λθη ἐκείνη ἡ μέρα
κι ἦταν ὅλα σιωπηλά,
γιατὶ τά ῾σκιαζε ἡ φοβέρα
καὶ τὰ πλάκωνε ἡ σκλαβιά.
Δυστυχής! Παρηγορία
μόνη σου ἔμεινε νὰ λὲς
περασμένα μεγαλεῖα
καὶ διηγώντας τα νὰ κλαῖς.
Καὶ ἀκαρτέρει, καὶ ἀκαρτέρει
φιλελεύθερη λαλιά,
ἕνα ἐκτύπαε τ᾿ ἄλλο χέρι
ἀπὸ τὴν ἀπελπισιά,
κι ἔλεες «πότε, ἅ! πότε βγάνω
τὸ κεφάλι ἀπὸ τς ἐρμιές;»
Καὶ ἀποκρίνοντο ἀπὸ πάνω
κλάψες, ἅλυσες, φωνές.
Τότε ἐσήκωνες τὸ βλέμμα
μὲς στὰ κλάιματα θολό,
καὶ εἰς τὸ ροῦχο σου ἔσταζ᾿ αἷμα
πλῆθος αἷμα ἑλληνικό.
Μὲ τὰ ροῦχα αἱματωμένα
ξέρω ὅτι ἔβγαινες κρυφὰ
νὰ γυρεύῃς εἰς τὰ ξένα
ἄλλα χέρια δυνατά.
Μοναχὴ τὸ δρόμο ἐπῆρες,
ἐξανάλθες μοναχή,
δὲν εἶν᾿ εὔκολες οἱ θύρες,
ἐὰν ἡ χρεία τὲς κουρταλῆ.
Ἄλλος σου ἔκλαψε εἰς τὰ στήθια
ἀλλ᾿ ἀνάσασιν καμιὰ
ἄλλος σοῦ ἔταξε βοήθεια
καὶ σὲ γέλασε φρικτά.
Ἄλλοι, ὀϊμέ! στὴ συμφορά σου,
ὅπου ἐχαίροντο πολύ,
«σύρε νά ῾βρῃς τὰ παιδιά σου,
σύρε», ἐλέγαν οἱ σκληροί.
Φεύγει ὀπίσω τὸ ποδάρι
καὶ ὁλογλήγορο πατεῖ
ἢ τὴν πέτρα ἢ τὸ χορτάρι
ποὺ τὴ δόξα σου ἐνθυμεῖ.
Ταπεινότατή σου γέρνει
ἡ τρισάθλια κεφαλή,
σὰν πτωχοῦ ποὺ θυροδέρνει
κι εἶναι βάρος του ἡ ζωή.
Ναί· ἀλλὰ τώρα ἀντιπαλεύει
κάθε τέκνο σου μὲ ὁρμή,
ποὺ ἀκατάπαυστα γυρεύει
ἢ τὴ νίκη ἢ τὴ θανή!
Ἀπ᾿ τὰ κόκαλα βγαλμένη
τῶν Ἑλλήνων τὰ ἱερά,
καὶ σὰν πρῶτα ἀνδρειωμένη
χαῖρε, ὢ χαῖρε, Ἐλευθεριά!
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Te dal filo spaventoso -
riconosco della
spada,
E dal guardo
bellicoso -
che trascorre ogni
contrada.
Dalle sacre ossa
uscita -
degli Ellen m'appari
qua
Nella prisca tua
statura -
salve, oh salve,
Libertà!
Dentro a quelle
dimoravi -
nel dolore peritosa.
Ed un labbro tu
attendevi, -
che dicesse: Oh,
vieni e osa.
A venir tardava il
giorno, -
e silente tutto
stava,
L'offuscavano
minacce -
e servaggio lo
schiacciava.
Sfortunata! Ché
restava -
un conforto a te
soltanto:
Le grandezze antiche
a dire -
e a narrarle pur nel
pianto.
E aspettando e
aspettando -
liberale un'
orazione,
Una man battea l'altra
-
per la gran
disperazione.
E dicevi: quando,
ahi, quando -
levo il capo dallo
speco?
E dall'alto
rispondeva -
di catene e pianti
un'eco.
Ecco allor levavi un
guardo -
fosco e a' pianti
mescolato
E intrideva la tua
veste -
greco sangue
prodigato.
Con le vesti
insanguinate -
so che uscivi in
guise ascose
A impetrare in
stranie terre -
nuove braccia
generose.
Solitario il piè si
mosse, -
solitario il passo
riede.
Ardue son tutte le
porte -
se 'l bisogno bussa
e chiede.
L'uno pianse sul tuo
petto, -
l' altro un poco
sospirò,
Altri ancor t'offrì
rispetto -
e crudele t'ingannò.
Altri ahimé a cui
tue pene -
eran gaudii
voluttuosi
Orsù, va' e i tuoi
figli trova, -
vanne! dissero
impietosi.
A ritroso il piede
fugge -
su le pietre e le
cicorie,
Svelto corre e i
campi calca -
già preclari di tue
glorie.
In abbietta
umiliazione -
chino sta 'l tuo
capo mesto
D'accatton che batte
agli usci -
ed il viver gli è
molesto.
Ma ora sì, contro si
batte -
ogni figlio tuo più
forte,
E non cessa d'
agognare -
la vittoria ovver la
morte.
Dalle sacre ossa
uscita -
degli Ellen m'appari
qua
Nella prisca tua
statura -
salve, oh salve,
Libertà!
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