da Marco Merlini, "Un monastero benedettino sul Monte Athos - X-XIII secolo", Tipografia Editrice Santa Scolastica, 2017
Il seguente brano è l'incipit dell'interessante succitata pubblicazione di Marco Merlini, volta a studiare la storia del monastero di Apothkion (Amalfion), una sorte di enclave di rito latino, con spiritualità benedettina, sopravvissuta (e anzi cresciuta fino ad ottenere il titolo onorifico di 'monastero imperiale') nella roccaforte del cristianesimo bizantino, persino per parecchi anni dopo lo scisma (la fine dell'esperienza monastica occidentale sull'Athos si data tradizionalmente 1308, a causa di incursioni piratesche).
In questo brano, liberamente messo a disposizione dall'autore, tuttavia, non si affronta già la questione del monastero benedettino, ma si fornisce una piacevole e sintetica panoramica della Montagna Sacra come ci appare oggi, oasi di spiritualità cristiana antica e ascetica nell'incubo frenetico della modernità senza Dio.
La torre è alta, merlata, massiccia e quadrangolare. Si erge solitaria su una collina di una settantina di metri e controlla il mar Egeo. Da lontano, questo capolavoro architettonico post-bizantino sembra sbocciare dal grigio-verde della fitta macchia mediterranea. Sotto, si apre un’incantevole baia a falce di luna compresa tra i promontori di Kosari e Kophos. Nove secoli fa, vi attraccavano navi di grande stazza provenienti da tutto il Levante e soprattutto da Costantinopoli. Oggi è sfregiata acusticamente da una segheria nostop. Lungo la costa, a corona del fantasmatico porticciolo, sono disseminate alcune abitazioni pericolanti di eremiti. Siamo sulla costa orientale del Monte Athos (Agion Oros), a metà strada fra i monasteri della Grande Lavra e di Karakallou. Il mitico Monte Athos è il più antico e anche l’ultimo Stato monastico di fede cristiano-ortodossa nel mondo (1). Se la Montagna incantata
è racchiusa entro un’impervia penisola nel nord-est della Grecia non per questo è greca, ma appartiene a un altrove radicato in un diverso spazio e in un diverso tempo. Agion Oros è un mondo
a sé dal punto di vista geografico-territoriale, politico-istituzionale ed economico. A partire dal rimanere riservato ai soli maschi e dal paradosso di essere una terra inaccessibile via terra (2).
Dal punto di vista geografico-territoriale, la penisola del Monte Athos si presenta come uno zoccolo lungo e sottile di rocce, con la forma di un dito storpiato. Culmina nella sua propaggine meridionale con un’imponente montagna piramidale di 2033 metri che si proietta direttamente da un mare profondo e burrascoso verso le vertigini celesti. Questo territorio scosceso è fisicamente separato dal resto del pianeta da uno stretto istmo, mura e recinzioni invalicabili, un’impenetrabile macchia mediterranea fino a pochi anni orsono incontaminata e torrenti che segnano gole profonde. Agion Oros gode nel suo insieme di una perfetta autonomia e sovranità territoriale. L’enclave monastica ortodossa è una terra indipendente anche per le leggi internazionali, pur in assenza di un esercito per rimarcarlo. Ci pensa la Grecia a garantirne l’inviolabilità, fornendo soldati alle frontiere e mezzi navali a sorveglianza delle coste. In coerenza con un’extra-territorialità sui generis, il controllo del Monte Athos è deputato al Ministro degli Esteri e i residenti (solo monaci) non rispondono alla Chiesa greca, ma direttamente al Patriarcato ecumenico di Istanbul, per loro ancora Costantinopoli. Attualmente vi dimorano circa 2.100-2.200 religiosi. Vengono giornalmente ammessi 110 pellegrini ortodossi e 10 non ortodossi. Il visitatore non può mettere piede nella repubblica teocratica maschile se non munito di apposito lasciapassare (il dhiamonitirion). Deve superare occhiuti controlli doganali. E non si può fermare più di tre notti. In questa terra irrorata di preghiere, il trattato di Schengen non vale. Così come la normale scansione del tempo. Gli orologi abbracciano ancora l’orario bizantino secondo il quale il nuovo giorno e il conto delle ore iniziano dal tramonto, considerato il momento nobile della giornata. Il giorno comprende così l’intervallo di tempo fra un tramonto e l’altro, in una sequenza di 24 ore. La sera precede la mattina, ad Agion Oros. I monasteri principali sono venti, tutti sorti per decreto imperiale e patriarcale (3). Essi si suddividono l’intero territorio, sono dotati di autonomia e autogoverno e sono in fiero antagonismo fra di loro. Restano comunque soggetti a norme di carattere generale e alla Sacra Comunità del Santo Monte, composta dai venti rappresentanti dei monasteri, che si riunisce periodicamente nella piccola capitale al centro della penisola, Karyes (4). I monasteri athoniti sono più simili a villaggi medioevali fortificati, con massicce e turrite mura di cinta, che ad abbazie. Molte delle pietre di fortificazione, come quelle dell’alta torre quadrangolare dalla cui visione abbiamo preso le mosse, sono state innalzate oltre mille anni orsono. Sin dall’inizio, non ebbero soltanto un compito protettivo contro eserciti stranieri e incursioni di pirati, ma anche una funzione comunicativa. Servivano a rispecchiare e ricordare l’intima natura di istituzioni che sono state e continuano a essere sovrane, auto-sufficienti e totalizzanti nei confronti sia degli abitanti permanenti (i monaci) che degli ospiti occasionali (i pellegrini) (5). Molti monasteri sono scenograficamente costruiti a picco sulla scogliera, altri sulle prime pendici del monte. Tutti sono circondati da una boscaglia compatta e da rocce invalicabili; sono separati da diverse ore di cammino l’uno dall’altro anche se spesso sono a contatto visivo. Al Monte Athos, particolare attenzione viene posta al culto delle reliquie, caro alla religiosità cristiana antica. La penisola dei monaci è uno scrigno di sacri resti. I più favoleggiati sono innumerevoli frammenti dell’instrumentum mortis a cui è stato inchiodato Gesù, la cintura di cammello che la leggenda certifica sia stata auto-prodotta e indossata dalla Vergine Maria che poi la regalò a un incredulo Tommaso, i tre nobili doni dei Re Magi (oro, incenso e mirra), numerose porzioni di San Giovanni Battista, la mano incorrotta, calda e profumata di Maria Maddalena, la gamba di Sant’Anna e il cranio di San Basilio Magno. Il solo monastero di Vatopedi conta circa un migliaio di reliquie estratte da circa 150 santi certificati. Senza contare le decine e decine di frammenti scheletrici di monaci athoniti defunti in odore di santità.
Note dell'autore
(1) Con i suoi 389 kmq, l’enclave teocratica maschile è paragonabile alle più minuscole province italiane (Prato si sviluppa su kmq 365, Trieste solo su 212) o a una media cittadina (Matera ha una grandezza di 388 kmq, Arezzo di 386).
(2) Vi si arriva solo in barca, approdando nel porticciolo di Dafni. Ogni monastero ha comunque un piccolo approdo, con una torre fortificata a proteggere magazzini ed edifici a uso della marina. L’isolamento dovuto alla conformazione naturale della penisola e l’attraversamento di un tratto spesso tempestoso del Mar Egeo concorrono a trasformare il tragitto in un viaggio iniziatico, un colpo di forbici alla realtà “cosmopolita” e profana per approdare in una terra sacra e “diversa”. La sensazione è ancora più netta d’inverno, quando la montagna è offuscata da una corona nebbiosa grigio-chiara che ne lascia intravedere solo la nerastra, fantasmatica silhouette triangolare.
(3) Robinson, 1916: 11.
(4) Id., 1916: 11-21. Dawkins, 1936: 153. Gothóni, 1993: 18-19.
(5) Sarris, 2000: 29.
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