Media vita in morte sumus,
quem quærimus adjutorem, nisi te, Domine?
Qui pro peccatis nostris juste irasceris.
Sancte Deus, Sancte fortis,
Sancte misericors Salvator,
amaræ morti ne tradas nos.
A metà della nostra vita già ci troviamo nella morte,
chi possiamo chiamare in nostro aiuto, se non Voi, o Signore?
Voi che giustamente siete irato per i nostri peccati.
Santo Iddio, Santo forte,
Santo misericordioso Salvatore,
non abbandonateci alla morte amara.
Trascrizione della prima parte dell'antifona in notazione sangallese
(Antifonario di Harkter, folio 8, XI sec.)
Trattasi di un antichissimo canto quaresimale, la cui prima attestazione si ha in Francia a metà dell'VIII secolo, ancorché venga comunemente attribuito all'abate Notkero di San Gallo detto il Balbuziente (840-912), poiché fu attestato nel Liber hymnorum del monastero di San Gallo.
E' un poemetto profondissimo e accoratissimo: quando ci ribelliamo a Dio noi avvertiamo già dentro di noi la morte spirituale, e incombe quella fisica; ma chi potrà salvarci, se non Dio stesso? Ecco allora che con fede ci rivolgiamo a Lui e Lo supplichiamo, di stornare da noi la sua giusta e terribile ira, che ci eravamo meritati a cagione dei nostri peccati.
La seconda parte è la petizione vera e propria. L'inizio è ripreso dal Trisagio greco, con qualche piccola modifica: Dio viene indicato con i suoi attributi di Santo, di Forte, ma anche di Misericordioso e di Salvatore, e noi Lo supplichiamo acciocché non abbandoni le nostre anime all'amarezza dell'Inferno, ma ci conceda benigno il perdono.
L'inno ebbe un vasto impiego liturgico nel Medioevo, mentre, dopo la riforma tridentina, seppur straordinariamente amato e ripetutamente musicato per tutto il XVII secolo, fu relegato alla semplice funzione di accompagnare alcuni momenti della liturgia quaresimale.
Precedentemente, in molti usi locali, veniva usato come antifona per il cantico Nunc dimittis della Compieta quaresimale. Nell'uso di Sarum, per esempio, si impiegava dalla Domenica Oculi (III) alla Domenica Judica (V), mentre nell'uso di York era limitata alla Domenica Laetare (IV).
Nell'uso germanico era anche inclusa negli uffici processionali delle Rogazioni.
Pare venisse cantato anche nelle pubbliche suppliche a Dio di aiuto pro re gravi. Emblematico quanto si racconta: nel 1455 alcune suore a Wennigsen, volendo opporsi alla riforma del loro ordine intentata dal canonico agostiniano Johannes Busch e dal duca William di Brunswick "il Vittorioso", si prostrarono a terra tendendo le braccia in forma di croce e iniziarono a cantare l'antifona, la qual cosa mise molta agitazione nel duca, che temeva che le sue terre sarebbero state maledette per effetto di questo canto.
Successivamente, al canto furono aggiunte due "strofe": In Te speraverunt Patres nostri, speraverunt et liberasti eos (In Voi han sperato i nostri Padri, han sperato e li avete liberati) e Ad Te clamaverunt Patres nostri, clamaverunt et non sunt confusi (A Voi si son rivolti i nostri Padri, e non furono turbati). Al termine di ciascuna si ripete Sancte Deus, Sancte fortis etc.
Spartito in notazione quadrata
Trascrizione del monastero di Solesmes
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