mercoledì 9 settembre 2020

Il cinghiale calidonio della Chiesa

Κουρῆτές τ᾽ ἐμάχοντο καὶ Αἰτωλοὶ μενεχάρμαι
ἀμφὶ πόλιν Καλυδῶνα καὶ ἀλλήλους ἐνάριζον,
Αἰτωλοὶ μὲν ἀμυνόμενοι Καλυδῶνος ἐραννῆς,
Κουρῆτες δὲ διαπραθέειν μεμαῶτες Ἄρηϊ.
καὶ γὰρ τοῖσι κακὸν χρυσόθρονος Ἄρτεμις ὦρσε
χωσαμένη ὅ οἱ οὔ τι θαλύσια γουνῷ ἀλωῆς
Οἰνεὺς ῥέξ᾽· ἄλλοι δὲ θεοὶ δαίνυνθ᾽ ἑκατόμβας,
οἴῃ δ᾽ οὐκ ἔρρεξε Διὸς κούρῃ μεγάλοιο.
ἢ λάθετ᾽ ἢ οὐκ ἐνόησεν· ἀάσατο δὲ μέγα θυμῷ.
ἣ δὲ χολωσαμένη δῖον γένος ἰοχέαιρα
ὦρσεν ἔπι χλούνην σῦν ἄγριον ἀργιόδοντα,
ὃς κακὰ πόλλ᾽ ἕρδεσκεν ἔθων Οἰνῆος ἀλωήν·
πολλὰ δ᾽ ὅ γε προθέλυμνα χαμαὶ βάλε δένδρεα μακρὰ
αὐτῇσιν ῥίζῃσι καὶ αὐτοῖς ἄνθεσι μήλων.
τὸν δ᾽ υἱὸς Οἰνῆος ἀπέκτεινεν Μελέαγρος
πολλέων ἐκ πολίων θηρήτορας ἄνδρας ἀγείρας
καὶ κύνας· οὐ μὲν γάρ κε δάμη παύροισι βροτοῖσι·
τόσσος ἔην, πολλοὺς δὲ πυρῆς ἐπέβησ᾽ ἀλεγεινῆς.
ἣ δ᾽ ἀμφ᾽ αὐτῷ θῆκε πολὺν κέλαδον καὶ ἀϋτὴν
ἀμφὶ συὸς κεφαλῇ καὶ δέρματι λαχνήεντι,
Κουρήτων τε μεσηγὺ καὶ Αἰτωλῶν μεγαθύμων.

I Cureti e gli Etòli furia di guerra combattevano
attorno alla città di Calidone, e si uccidevano tra loro,
gli Etòli difendendo Calidone amabile,
e i Cureti invece bramando di distruggerla in guerra.
Contro questi infatti una sciagura fe' sorgere Artemide dal trono d'oro,
irata poiché Oineo non le offerse primizie sul colle della vigna:
gli altri dei ebbero parte all'ecatombe,
a lei sola, figlia del grande Zeus, ei non sacrificò.
Forse se ne scordò, oppure non ci pensò: ma grandemente errò nel suo cuore.
Ella dunque, stirpe divina, l'urlatrice, adirata
mandò contro di loro un feroce cinghiale dalle candide zanne.
che molti danni faceva alla vigna di Oineo:
molti e grandi alberi gettava a terra capovolti
con le loro radici e coi fiori dei loro frutti.
L'uccise Meleagro, il figlio di Oineo,
avendo condotti con sé da molte città cacciatori
e cani: non l'avrebbe infatti vinto con pochi mortali,
tanto possente era, che molti avea mandato sulla pira dolorosa.
Ma ella [Artemide] fe' sorgere attorno ad esso gran lotta ed urla,
attorno alla testa del cinghiale e alla sua pelle irsuta,
tra i Cureti e i coraggiosi Etòli.

(Hom., Il., IX 529-549)

Questi versi dell'Iliade, contenuti nella narrazione del mito di Meleagro che Fenice rivolge ad Achille durante l'ambasceria alla di lui tenda per convincerlo ad accettare i doni promessi da Agamennone e tornare in battaglia contro i Troiani, non possono che essere subito messi in correlazione con i versetti del salmo 79.

ἄμπελον ἐξ Αἰγύπτου μετῇρας, ἐξέβαλες ἔθνη καὶ κατεφύτευσας αὐτήν· ὡδοποίησας ἔμπροσθεν αὐτῆς καὶ κατεφύτευσας τὰς ῥίζας αὐτῆς, καὶ ἐπλήρωσε τὴν γῆν. ἐκάλυψεν ὄρη ἡ σκιὰ αὐτῆς καὶ αἱ ἀναδενδράδες αὐτῆς τὰς κέδρους τοῦ Θεοῦ· ἐξέτεινε τὰ κλήματα αὐτῆς ἕως θαλάσσης καὶ ἕως ποταμῶν τὰς παραφυάδας αὐτῆς. ἱνατί καθεῖλες τὸν φραγμὸν αὐτῆς καὶ τρυγῶσιν αὐτὴν πάντες οἱ παραπορευόμενοι τὴν ὁδόν; ἐλυμήνατο αὐτὴν ὗς ἐκ δρυμοῦ, καὶ μονιὸς ἄγριος κατενεμήσατο αὐτήν. ὁ Θεὸς τῶν δυνάμεων, ἐπίστρεψον δή, καὶ ἐπίβλεψον ἐξ οὐρανοῦ καὶ ἴδε καὶ ἐπίσκεψαι τὴν ἄμπελον ταύτην καὶ κατάρτισαι αὐτήν, ἣν ἐφύτευσεν ἡ δεξιά σου, καὶ ἐπὶ υἱὸν ἀνθρώπου, ὃν ἐκραταίωσας σεαυτῷ.

Trasferisti una vigna dall'Egitto, scacciasti i gentili e la piantasti, hai liberato la strada avanti ad essa e hai piantato le sue radici, e ne fu ripiena la terra. La sua ombra oscurò i monti, e i suoi rami i cedri di Dio. Estendé i suoi tralci fino al mare, e fino ai fiumi le sue propaggini. Perché hai distrutto il suo steccato, e la vendemmiano tutti quelli che passano per la via? L'ha devastata un cinghiale dal bosco, e una sola fiera l'ha divorata. O Dio delle potenze, volgi dunque il tuo sguardo, volgiti dal cielo e vedi e visita questa vigna, e proteggi la vigna che ha piantato la tua destra, e sul figlio dell'uomo, che hai fortificato per te.

(Psal. 79, 9-15)

Il tema del cinghiale che distrugge la vigna è molto antico, e ricco di simbolismo. La vigna, nella rappresentazione biblica, rappresenta il popolo d'Israele, e dunque la Chiesa in senso cristiano. Ma anche nel mito antico la vigna ha un significato simbolico, identificando l'intero popolo (non solo in quanto fonte di sostentamento dello stesso, ma anche per la correlazione semantica tra [Ϝ]Οἰνεὺς, re di Calidone, e [F]οἶνος, il vino, frutto della vite). Il cinghiale assurge a rappresentazione del κακὸν, del male che affligge la vigna, distruggendola e recandole danni.

Tuttavia, tra l'allegoria del salmo e il mito pagano vediamo molte sostanziali differenze: l'ira di Artemide è vendicativa, frutto di un sentimento puramente umano di offesa, e volta unicamente a punire la mancanza di Oineo, senza volontà del suo riscatto. L'ira del Signore è invece correttiva, affinché i figli d'Israele si pentano delle loro mancanze e iniquità (secondo i biblisti la data di composizione del salmo è di poco successiva alla presa della Samaria da parte di Sargon II nel 721 e alla conquista della Giudea da parte di Sennacherib nel 701, quando apparve compiutamente la debolezza che la divisione tra le tribù del Nord e del Sud aveva portato), e ritornino a Dio (Gerusalemme fu l'unica città della Giudea rimasta intatta durante l'assedio, segno col quale Dio manifestò la sua potenza).

Differenza grande la vediamo anche nel modo in cui si cerca di risolvere il problema. Oineo ci prova con mezzi umani, convocando i più grandi eroi del tempo (le liste, tramandate da Ovidio nell'ottavo libro delle Metamorfosi, e da Pausania nel settimo della Periegesi, tramandano nomi del calibro di Teseo, il giovane Nestore, Peleo, Ida, Laerte, i Dioscuri, e molti altri): alfine suo figlio Meleagro riesce nell'impresa di ammazzare il cinghiale, ma questo non porta certo la pace a Calidone, che viene sconvolta dalla guerra tra Cureti ed Etòli per la carcassa della fiera, che Artemide stessa fa sorgere, per compiere la propria vendetta. Le vicende di Meleagro precipiteranno sempre più nell'oscurità, con l'uccisione dello zio Tosseo, l'intervento delle Erinni e infine - nella versione più arcaica del mito tramandata dall'Epinicio V di Bacchilide, omessa dall'Iliade perché non funzionale alla ῥῆσις di Fenice - la madre Altea che dà la morte a Meleagro bruciando il tizzone cui era legata la sua vita. Nella visione pagana, nonostante il κλέος, la gloria conquistata tra gli uomini e che Meleagro ottiene, rappresenti il massimo ideale, le genti umane sono sottoposte all'imperscrutabile volere del Fato e ai capricci delle divinità, senza giustizia e senza pace.

Il salmista, invece, sa bene donde viene la giustizia e la pace: da Dio onnipotente. Ed egli lo invita dunque a volgere il suo sguardo sulla vigna, su Israele, e sul figlio dell'uomo che ha fortificato, cioè Cristo, acciocché egli lo mandi a salvare il suo popolo.

Peter Paul Rubens, La caccia al cinghiale calidonio, 1641

La figura del cinghiale che distrugge la vigna della Chiesa è di grande attualità: oggi la Chiesa è sconvolta da scandali, scismi, apostasie e tentativi di distruzione dall'interno. A questo si aggiungono anche le disgrazie dall'esterno, la scristianizzazione della società, le recenti trasformazioni in moschee di luoghi costruiti per il culto cristiano, le pestilenze... Dio ha permesso che sorgessero questi problemi per punire i peccati del suo popolo, come ebbero a rendersi conto coloro che videro piombare i crociati in preda alla furia saccheggiatrice su Costantinopoli nel 1204, o i giannizzeri turchi nel 1453, e probabilmente le sofferenze che oggi si patiscono sono di gran lunga superiori di quelle di altri tempi. Ma la via e la soluzione resta quella invocata dal salmista, pregare Dio e invocarlo, affinché volga il suo sguardo sulla sua vigna: non a caso queste parole vengono ripetute a ogni liturgia pontificale, dopo il Trisagio, quando il vescovo benedice il popolo con il dichirio e il trichirio, perché allora come oggi solo Dio può salvarci. I problemi umani ci sono dappertutto, e chi è rimasto sconvolto dall'atteggiamento dei vescovi italiani durante gli arresti domiciliari degli scorsi mesi probabilmente lo sarebbe stato anche di quello dei vescovi di Romania che hanno decretato l'uso di cucchiaini multipli di plastica per evitare la trasmissione del contagio durante la Comunione. Ma finché vivono la fede apostolica, la mentalità tradizionale e soprattutto la fiducia incondizionata in Dio e nella sua sterminata potenza, ci possono essere tutti gli anticorpi perché si dissipino le forze avversarie che tormentano la Chiesa.

Purtroppo, in molti ambienti, questo non appare chiaro e gli anticorpi paiono perduti: sembra che con un intervento umano, con qualche politicante di volta in volta identificato come il salvatore della "società cristiana occidentale", oggi con tanto di endorsement di qualche vescovo extra chorum che ama molto i riflettori mediatici, si possa restaurare tutto, salvo poi tutto concludersi con un nulla di fatto se non con un peggioramento delle cose. Un po' come Isocrate cercò per tutta la vita indarno il salvatore della grecità, prima in Evagora e Nicocle di Cipro, poi in Archidamo di Sparta e infine in Filippo di Macedonia, venendo da tutti via via immancabilmente deluse le sue aspirazioni. Almeno Isocrate era un po' più realista di Demostene, e capiva che restaurare la grecità non avrebbe mai significato riportare Atene agli splendori dell'età periclea, ormai irrimediabilmente passati: sembra che in questi ambienti invece si sogni che qualcuno possa di punto in bianco portare le lancette della società indietro agli anni '50. E se qualcuno spera in Dio, nella preghiera e nel monachesimo, viene da questi accusato di essere un pavido che rifiuta la lotta. Ritorna l'errore pagano, e soprattutto l'errore dei giudei che non compresero che Gesù Cristo era il Messia, perché si aspettavano un re del mondo e non un re della pace quale Cristo era (questo un simpatico gioco di parole che ricordo dalla predica della domenica delle Palme di un parroco moscovita, dacché in russo "pace" e "mondo" sono omonimi, realizzandosi entrambi мир), la salvezza militare dai nemici e non la salvezza eterna dell'anima. Purtroppo, da molto tempo e non certo da sessant'anni la mentalità generale di molti cattolici è virata verso una forma religiosizzata e conservatrice di umanesimo, di fiducia nell'azione dell'uomo più che nella mano di Dio, di preoccupazione per questo mondo più che per l'altro, quell'altro che i santi cristiani hanno sempre avuto tanto forte impresso in cuore da ritirarsi in romitaggio nel deserto, farsi condurre al martirio o risultare stolti per questo mondo, i folli in Cristo, come la Croce stessa di Cristo era stoltezza per i pagani e scandalo per i giudei, perché "chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna".

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