di Luca Farina
Ogni anno, in concomitanza con il sopraggiungere della Santa Pasqua, si parla spesso del Sacro Triduo. Ma cos'è il Triduo? Cercheremo di spiegarlo molto sinteticamente.
Triduo -la cosa è facilmente intuibile- è un periodo di tre giorni: ma come vanno contati? Secondo molti esso è l'insieme dei tre giorni precedenti la domenica di Pasqua: giovedì, venerdì e sabato. In realtà dobbiamo ricordarci che i primi Cristiani non computavano le giornate secondo il sistema attuale da mezzanotte a mezzanotte, ma contavano le giornate a vespere usque ad vesperem, riprendendo l'uso dagli Ebrei (non a caso la Genesi dice Et factum est vespere et mane per la cronologia della Creazione) e dai Romani, ed è questa la logica che sta dietro ai Primi Vespri di una festa.
Pertanto, i tre giorni vanno considerati in questo modo: dai Vespri del Giovedì Santo a quelli del Venerdì (1° giorno), da quelli del Venerdì a quelli del Sabato Santo (cioè la "Veglia" di Pasqua, 2° giorno) e dalla veglia ai Secondi Vespri di Pasqua (3° giorno).
Di questa scansione parla già Sant'Ambrogio nell'Epistola XXIII indirizzata ai Vescovi dell'Emilia: Cum igitur Triduum illud Sacrum in ebdomadam proxime concurrat ultimam, intra quod Triduum et passus est et quievit et resurrexit, de quo Triduo ait:”Solvite hoc templum et in triduo resuscitabo illud”, quid nobis potest molestiam dubitationis afferre? - Giacché infatti quel Santo Triduo ricorre in quell’ultima settimana - ed in quel triduo Egli patì, morì e risorse - del quale Egli disse:” Abbattete questo tempio, ed io lo ricostruirò in tre giorni”, da quale dubbio mai possiamo farci turbare?
È interessante notare alcune cose:
1) la celebrazione della Messa in Coena Domini, tanto in Occidente quanto in Oriente, è una funzione vespertina. Questo però non significa che vada celebrata necessariamente in orario serotino, ma che contenga in sé i caratteri, almeno simbolici di quel momento (dunque la celebrazione romana contiene nella sua parte finale il Vespro, la celebrazione del rito ambrosiano avviene infra Vesperas, la celebrazione bizantina unisce il Vespro fino all'ingresso alla Liturgia di S. Basilio, etc.);
2) la celebrazione del Venerdì Santo (dico volontariamente così e non Messa dei Presantificati, poiché nel rito ambrosiano, ma anche nel rito bizantino, la celebrazione è del tutto differente, pur conservando carattere vespertino) è una funzione vespertina: alla morte del Signore ogni luce si oscura, scendono le tenebre. Come può non trattarsi di un Vespro?
3) La Veglia pasquale è una celebrazione vespertina: questo punto è molto interessante, e meriterebbe di essere trattato in modo assai più ampio. Basti ricordare, al momento, che le rubriche prevedono di preparare il fuoco con le pietre, sottintendendo di fare ciò per fruire dell’illuminazione prima del tramontare del sole. Inoltre, prima delle nefaste riforme pacelliane, alla celebrazione della Messa seguiva il canto immediato del Vespro, con regolare Magnificat; solo nel 1955 si introduce l’idea di una celebrazione notturna, a cui devono seguire le Laudi (senza Mattutino né Vespri), e si canta il Benedictus: ma questo è frutto della confusione tra la Veglia (= vigilia) e il Mattutino della Risurrezione, del resto scomparso dalla prassi cattolica da parecchi decenni (e letteralmente abolito dal citato Bugnini). Ugualmente, in Oriente al Vespro è unita la Liturgia di S. Basilio, che contiene la lettura di 15 profezie e il canto solenne dell'Ἀνάστα ὁ Θεὸς; mentre la celebrazione notturna della Risurrezione (dopo la mezzanotte) è il Mattutino Pasquale, eventualmente seguito dalla Liturgia del giorno di Pasqua.
Ecco perché le celebrazioni del Triduo (Coena Domini-Passione-Veglia-Messa del giorno) formano un corpus unico, una unica glorificazione del Salvatore morto e risorto per la nostra salvezza.
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