domenica 28 maggio 2017

Dominica infra Octavam Ascensionis




Exáudi, Dómine, vocem meam, qua clamávi ad te, allelúia: tibi dixit cor meum, quæsívi vultum tuum, vultum tuum, Dómine, requíram: ne avértas fáciem tuam a me, allelúia, allelúia.
Dóminus illuminátio mea et salus mea: quem timébo?

Glória Patri, et Fílio, et Spirítui Sancto. 
Sicut erat in princípio, et nunc, et semper, et in saecula saeculórum. Amen
Exáudi, Dómine, vocem meam ...
(Antiphona ad Introitum)

L'Ottava dell'Ascensione, documentata sin dall'VIII secolo, considerata da maggiore da Radulfo di Rivo (XI secolo) e confermata come "privilegiata da Pio X, fu formalmente soppressa con l'aggiornamento del Messale voluto da Giovanni XXIII: in realtà, si tratta di un'abolizione semplicemente formale, giacché le officiature della settimana tra l'Ascensione e la Pentecoste mantengono un forte carattere ottavario, ancorché non si chiamino più così.
Questa domenica, che cade inframmezzo all'antica Ottava, nella Roma medievale era chiamata Dominica rosarum, perché vigeva l'uso di spargere rose sul pavimento delle Basiliche (e in particolare di quella di S. Maria ad Martyres, l'antico Pantheon, ove si celebrava la Messa Stazionale), quale omaggio a Cristo che si era innalzato al cielo nella stagione dei fiori. Si godeva allora in tutte le armonie del creato. La festa dell'Ascensione, già così ridente e piena di giubilo, quando si considera sotto il suo principale aspetto, ossia il trionfo del Redentore, veniva ad abbellire le giornate radiose della primavera. Secondo altri commentatori, le rose si gettavano in figura ejusdem Spiritus Sancti.
Tra i temi principali della Messa del giorno vi è l'esaltazione della natura umana di Gesù Cristo definitivamente giunto al cielo e ivi incoronato sovrano d'ogni cosa: Egli, Re dei Re e delle Nazioni, regge il mondo dal suo trono nei cieli alla destra del Padre, e nel giorno prescritto verrà gloriosamente a fare il giudizio su tutta la terra, a separare le pecore dai capri nel suo tremendo tribunale, e a donare alle prime la gioia della vita sempiterna.



Nell'introito si esprime lo sgomento degli Apostoli, che non vedono più il volto del Signore dopo la sua Ascensione, e lo ricercano con zelo, ai quali il Signore aveva però detto: Non turbetur cor vestrum: ego vado ad Patrem; infatti, come dice S. Agostino nel suo II sermone sull'Ascensione, in questa festa anche noi siamo elevati insieme a Gesù, i nostri cuori si uniscono al suo nei cieli, e la sua glorificazione è la gloria nostra.

Nell'epistola da S. Pietro, l'apostolo, dopo l'esortazione alla preghiera dovuta alla particolare situazione in cui scrive la lettera, c'invita a donare agli altri nella carità il nostro operato, a mettere i talenti che Dio ci ha donati al servizio del prossimo, nonché ad agire sempre secondo la virtù comunicata da Dio Padre attraverso il suo Santo Spirito. Questo binomio indissolubile, carità e prudenza, dev'essere sempre presente nell'uomo perché le sue opere possano portar frutto davanti a Dio e produrre una qualche giustificazione. Il servizio di cui parla S. Pietro può identificarsi non solo con il sacerdozio o la vocazione sacra, la quale è per eccellenza la dedicazione al prossimo di tutte l'opere compiute secondo la virtù divina, ma anche a qualsiasi lavoro, professionale o di servizio, svolto da chiunque. Ed ecco che, per quanto piccolo, il chierichetto che serve all'altare, il sagrestano, le pie donne che lavano i lini sacri o addobbano la chiesa, compiono un lavoro al servizio di Dio e della comunità dei Cristiani: partendo da questi piccoli incarichi fatti con spirito di sacrifizio e gratuità, molte anime sono poi giunte al più augusto ministero, al servizio perpetuo di Dio e dei Cristiani.

Allelúia, allelúia
Regnávit Dóminus super omnes gentes: Deus sedet super sedem sanctam suam. Allelúia.
Non vos relínquam órphanos: vado, et vénio ad vos, et gaudébit cor vestrum. Allelúia.

(Piccolo e Grande Alleluia)


Il Vangelo di oggi è una breve pericope dai capitoli XV e XVI che tratta della missione del Paraclito su questa terra, attraverso le parole pronunciate da Gesù poco prima della sua Passione, ossia render testimonianza alla giustizia di Gesù di fronte a quel mondo che l'avrebbe condannato a morte. Dello stesso compito, per virtù medesima dello Spirito, sono incaricati gli Apostoli, che daran prova della loro fedeltà a tale ministero tanto con l'ardente predicazione, quanto con la pia sopportazione di tormenti e martirii. Gesù Cristo stesso, poi, prevede che essi saranno scacciati dalle sinagoghe e espulsi dalla comunione giudaica: S. Giovanni Battista de La Salle sostiene che "È questo il modo con cui la gente di mondo, oggi ancora, considera chi è consacrato a Dio, soprattutto chi ha abbandonato il mondo; egli è vessato, ingiuriato, oltraggiato e maltrattato come fosse un malfattore, appunto perché non appartiene al mondo (Gv XV,19) come afferma anche Nostro Signore." Il motivo per cui il mondo maltratterà e oltraggerà sempre i discepoli di Gesù Cristo è - come afferma egli stesso - "che questo mondo non ha conosciuto né me né il Padre che mi ha mandato"Infatti i partigiani del mondo si affezionano ordinariamente ai propri simili, a quelli cioè che si dilettano solo di ciò che lusinga i sensi e hanno solo una conoscenza molto imperfetta di Dio, e come tale lo odiano e lo perseguitano, chiudendosi alla sua grazia misericordiosa che potrebbe liberarli dalla loro sordida veste di peccato e farli rinascere nel Regno Celeste.
Per quanto riguarda la necessità nella vita umana del Paraclito, che discenderà sugli Apostoli e su di noi per estensione nella prossima festa di Pentecoste, dobbiamo ricorrere all'Epstola di S. Giovanni (capp. I-II) che si è letta al Mattutino, nel quale l'Evangelista ribadisce chiaramente che per essere uniti alla luce di Gesù Cristo è d'obbligo abbandonare le opere delle tenebre e vivere nella luce dei perfetti mandati di Dio: qui dicit se in ipso manere, debet, sicut ille ambulavit, et ipse ambulare (I Johannes II,6). Ma come può l'uomo, con la sua natura di peccatore irrimediabilmente macchiata a motivo della colpa del primo progenitore, essere in grado di seguire l'esempio di Gesù in tutto e per tutto, se non per grazia dello Spirito Santo? Attendiamo dunque con fede ai sette sacri doni che lo Spirito di Verità, il dito del Salvatore, il Paraclito Consolatore, ci ha portati nell'unzione col Santo Crisma il giorno della nostra Cresima e rinnova in noi quotidianamente, e specialmente nel venturo tempo di Pentecoste, poiché solo grazie alla divina sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timor di Dio l'uomo potrà serbare i mandati del Signore, camminare nella verità, e potersi dire veramente discepolo di Gesù.

Seppur con letture leggermente diverse (l'Apostolo si trae dagli Atti, ed è uno dei discorsi conclusivi di S. Paolo, mentre il Vangelo è la pericope immediatamente precedente a quella della Messa Romana, in cui Gesù ammonisce i discepoli di non essere del mondo), sullo stesso antico modello si è sviluppata la liturgia greca, accompagnando a queste letture ricche di significato sulla missione dei Cristiani in questo mondo, sulla predicazione di Dio come scopo di vita e sulla doverosa resistenza alle diaboliche tentazioni e alle lusinghe del secolo, ad antifone, tropari, apolytikia ed isodikòn propri della festa dell'Ascensione (carattere ottavario). In tale domenica si fa una commemorazione speciale e privilegiata dei Santi Padri del I Concilio Ecumenico, ossia quello di Nicea, eroi della fede che ci hanno indicato la strada su cui proseguire nell'ortodossia del culto a Nostro Signore Domineiddio, e ai quali si inneggia in questo giorno di gioia, non solo per una semplice ricorrenza storica, ma anche come profondo legame tra la glorificazione celeste di Gesù e quella terrena che noi compiamo nella fede insegnataci dai Padri.

Ὑπερδεδοξασμένος εἶ, Χριστὲ ὁ Θεός ἡμῶν, ὁ φωστῆρας ἐπὶ γῆς τοὺς Πατέρας ἡμῶν θεμελιώσας καὶ δι' αὐτῶν πρὸς τὴν ἀληθινὴν πίστιν πάντας ἡμᾶς ὁδηγήσας· πολυεύσπλαγχνε, δόξα σοι!
Quanto più glorificato sei, Cristo Dio nostro, che quali stelle stabilisti sulla terra i nostri Santi Padri, e per mezzo loro guidasti noi tutti alla vera fede: o Dio ricco di misericordia, gloria a te!

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